Draghi: “La ripresa corre, ma prudenza su uscita dal Qe”

Mario Draghi
Mario Draghi

ROMA. – La Banca centrale europea non si lega le mani sull’uscita dal quantitative easing. E Mario Draghi, pur di fronte a un’economia europea che corre più degli Usa e potrebbe riservare sorprese positive, sceglie la linea della prudenza. Manca un mese al nuovo giro di boa del quantitative easing, che sta per compiere i tre anni di vita e da gennaio verrà nuovamente ridimensionato, portando gli acquisti mensili, da qui a settembre, di titoli a 30 miliardi dai 60 attuali.

Ma in quella che qualcuno attendeva fosse la conferenza stampa dei dettagli sulla ‘exit strategy’, il presidente della Bce ha usato toni ben diversi. I tassi a zero restano fermi, come atteso, ma la Bce continua a mantenere la possibilità di accelerare nuovamente il Qe se mai fosse necessario. E continuerà a reinvestire il capitale dei bond che arrivano a scadenza, di nuovo, per tutto il tempo necessario. Una formula ormai acquisita, che viene ribadita.

E che però qualcuno pensava potesse essere rivista, dando un segnale da ‘falco’: non è stato così. Ma è soprattutto nelle nuove stime macroeconomiche che emerge la prudenza della Bce. Certo, i dati indicano un forte trend di crescita, dice Draghi, che farà risalire l’inflazione.

Ma se la stima di crescita per quest’anno sale a 2,4% (“più degli Usa”, dice l’ex governatore di Bankitalia) dal 2,2% di appena tre mesi fa, e quella per il 2018 addirittura a 2,3% da 1,8%, per l’inflazione è tutt’altra musica. Prezzi a 1,5% nel 2017, 1,4% (da 1,2% precedente) per l’anno prossimo, di nuovo 1,5% nel 2019, per raggiungere l’1,7% soltanto nel 2020. Un 1,7% che non è ancora quel “vicino ma inferiore al 2%” che rappresenta l’obiettivo statutario della Bce.

In Italia l’Istat ha confermato a -0,2% l’inflazione a novembre su mese e +0,9% su anno. Ecco perché Draghi non s’impegna su quello che potrà succedere da ottobre prossimo in avanti, e anzi fa capire che la Bce avrà mani libere, prendendo in contropiede i tedeschi e altri paesi che vorrebbero un’uscita veloce dal Qe: “un notevole stimolo monetario è ancora necessario per sostenere l’inflazione nel medio termine”, anche se l’inflazione si sta via via ‘emancipando’ dal sostegno fornito da Francoforte.

E anche se i tedeschi o gli olandesi non ci stanno, “la stragrande maggioranza dei governatori è per mantenere il QE ‘open-ended'”, vale a dire senza indicare un termine finale. Insomma da ottobre tutto può succedere: “non abbiamo mai detto”, spiega Draghi, che gli acquisti mensili scenderanno di botto a zero.

La Bce si distanzia così dalla Fed, che ieri ha alzato i tassi all’1,25%-1,5%, lasciando margini all’euro che evitano un eccessivo ulteriore apprezzamento (le quotazioni sono stabili sotto 1,18 dollari, con un lieve calo oggi a 1,1786). E anche se né le borse né lo spread (stabile sotto 150 per l’Italia) non colgono l’opportunità per il rialzo (oggi sono negative), la Bce che prende tempo è buona notizia anche per i Paesi ad alto debito: le tensioni di una stretta monetaria sembrano lontane.

(di Domenico Conti/ANSA)

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