Mattarella aspetta Gentiloni: niente dimissioni, procedure rapide

Palazzo del Quirinale

 

Palazzo del Quirinale

 

ROMA. – Era già tutto chiaro da alcune settimane. Ma lo spettacolo di un Senato tristemente vuoto sia per ragioni politiche che per meno nobili fughe natalizie ha rafforzato la determinazione di Sergio Mattarella a chiudere presto la partita della legislatura. Il Parlamento ha fornito “segnali inequivocabili” di fine vita, si ragiona al Colle dove il presidente della Repubblica sta già lavorando alle procedure di scioglimento e a un discorso di san Silvestro che quest’anno acquista un peso specifico particolare.

Servirà infatti a lanciare una campagna elettorale che ci si augura “serena” e “realistica”. Il Quirinale ha infatti già preparato il terreno con considerazioni preventive tese a riportare il percorso nell’alveo della “fisiologica normalità istituzionale”. Le elezioni rappresentano “il momento più alto della vita democratica”, ha spiegato Mattarella, che mai avrebbe interrotto prima – seppur di poche settimane – una legislatura operosa, sorretta da una maggioranza vitale.

E tantomeno avrebbe avuto problemi a concedere qualche giorno in più alle Camere per affrontare un provvedimento importante come lo ius soli. Ma già la calendarizzazione in aula a dopo la Befana era un segnale della ridotta volontà politica di voler veramente affrontare un tema etico e divisivo come quello della cittadinanza alla vigilia di elezioni politiche. Poi le tante assenze hanno confermato con i numeri quello che già tutti sapevano: lo ius soli non farà parte del bottino di questa legislatura.

Il percorso è quindi tracciato. E sarà, come è ovvio che sia, il premier Paolo Gentiloni a dar fuoco alle polveri. Sul calendario c’è una sola giornata cerchiata in rosso: il 28 dicembre. La mattina del 28 il presidente del Consiglio incontrerà la stampa per gli auguri di fine anno: sarà l’occasione per certificare che il suo compito è finito. Quindi salirà al Quirinale per confermare ufficialmente quanto detto ai media.

E Mattarella non perderà tempo: la prassi vuole che il capo dello Stato convochi i presidenti di Camera e Senato che a loro volta certificheranno la conclusione politica dell’attività legislativa. Subito dopo il Quirinale renderà pubblico lo scioglimento delle Camere con una breve nota. Il percorso sarà chiuso da un Consiglio dei ministri per approvare il decreto di scioglimento.

Se la strada verso il voto è tracciata, sarà poi il Governo a decidere la data delle elezioni che può cadere in un periodo tra i 45 e i 70 giorni. Basta leggere questi numeri per capire che si voterà il 4 marzo. In questo periodo non brevissimo – bisogna aggiungere anche il tempo che ci vorrà per formare un nuovo governo – Paolo Gentiloni guiderà l’esecutivo per gli affari correnti.

E lo farà con una certa pienezza di forza politica: ha sempre evitato un voto di sfiducia e non si presenterà formalmente dimissionario. Un accorgimento voluto proprio dal presidente che ha il dovere di pensare in prospettiva. E al Colle già si ragiona sugli scenari post-voto. Anche su quelli meno auspicati da Mattarella: lo sfilacciamento dei tempi dovuti alla difficoltà di trovare una maggioranza parlamentare o – peggio – l’impossibilità di formare un nuovo esecutivo e il conseguente ritorno al voto nel prossimo autunno. In questo caso servirebbe ancora Gentiloni.

(Di Fabrizio Finzi/ANSA)

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