La mia America, ad aprile il libro postumo di Dorfles

Gillo Dorfles in visita alla mostra 'Vitriol, Disegni di Gillo Dorfles, 2016', ospitata fino al 5 febbraio alla Triennale. Milano, 12 gennaio 2017. ANSA/FABRIZIO CASSINELLI

ROMA. – Gillo Dorfles, che avrebbe compiuto 108 anni il 12 aprile, non è riuscito per un soffio a veder pubblicato il suo ultimo libro ‘La mia America’, che uscirà postumo il 5 aprile per Skira, a cura di Luigi Sansone. Il volume, al quale il grande critico d’arte, morto oggi, ha lavorato fino all’ultimo, comprende articoli e altri scritti inediti sulla società Usa, la pittura, l’architettura, il design e l’estetica americana.

Sono racconti e memorie di Dorfles attraverso i quali viene approfondito uno dei periodi più significativi e stimolanti della cultura degli Stati Uniti. A partire dal secondo dopoguerra,

Dorfles ha viaggiato molto negli States dove ha incontrato personalità di primo piano, dai più noti studiosi di problemi estetici e critici d’arte come Thomas Munro, Clement Greenberg, James Sweeney, Alfred Barr, Rudolf Arnheim, György Kepes e ha dialogato con alcuni tra i maggiori architetti della East e West Coast, da Frank Lloyd Wright, Mies van der Rohe, Louis Kahn a Frederick Kiesler.

Da quei soggiorni americani ha tratto spunto per numerosi articoli all’epoca pubblicati su ‘Domus’, ‘Casabella’, ‘Aut Aut’, ‘La Lettura’, ‘Metro’ e in numerosi cataloghi. “Dorfles è stato tra i primi critici d’arte a recarsi negli Stati Uniti negli anni immediatamente successivi al conflitto mondiale per approfondire la sua conoscenza sull’arte, l’architettura e la vita negli Usa. L’Italia dopo un lungo periodo di oscuramento culturale dovuto alla guerra e alle note vicende politiche che la precedettero, aveva la necessità di aprirsi al resto del mondo per spezzare quell’isolamento che per oltre un ventennio ne aveva condizionato lo sviluppo in molti settori, non ultimo quello socio-culturale” racconta nella prefazione Luigi Sansone.

E spiega: “Gli anni Cinquanta vedono un infittirsi di scambi artistici tra l’Italia e gli Stati Uniti, scambi che avevano iniziato a intensificarsi dopo la presentazione nel 1948 alla Biennale di Venezia della Collezione di Peggy Guggenheim che includeva, tra le altre, opere dei maggiori esponenti dell’Espressionismo Astratto americano” sottolinea Sansone.

Interessanti, dice anche il curatore, le osservazioni sui drive-ins, i motels che incontra lungo le autostrade e la descrizione di Boston, “la città + sophisticated, meno americana, più inglese che ci sia – non a caso la capitale di quegli stati che vanno sotto il nome di New England”.

E della città di New York, che Dorfles aveva osservato dall’alto, il critico d’arte scrive: “Arrivando con l’aereo, New York appare come la sagoma d’un immenso pene rovesciato, un po’ ciondolante verso Manhattan Bridge”. Colpiscono anche le sue riflessioni in ‘L’America tra Oriente e Occidente’, in cui dice: “È sempre più difficile, al giorno d’oggi, esser ‘vergini’ d’impressioni e d’immagini – soprattutto d’immagini visive – per quel che riguarda non solo i paesi a noi prossimi, ma anche quelli più remoti”.

Con Skira, Dorfles aveva anche pubblicato nel 2015 ‘Gli artisti che ho incontrato’, sempre a cura di Luigi Sansone, e per Bompiani era uscito nel maggio 2017 ‘Personaggi e paesaggi’, a cura di Enrico Rotelli, con prefazione di Aldo Colonetti.

(di Mauretta Capuano/ANSA)

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