Leader M5S guarda al Pd senza Renzi e attende il Colle

Placet Grillo. Vertici: "Saremo trasparenti, per ora esclusa Rete"

ROMA. – C’è una linea che, dall’hotel Parco dei Principi diventato per 24 ore il quartier generale del M5S, che conduce al Nazareno e aspetta di essere “illuminata” dal Colle. E’ una linea che ha il placet di Beppe Grillo e che vede, nel Pd “de-renzizzato” l’interlocutore al momento più adatto per un governo di “programma”. Non si tratta, di una via agevole e nel Movimento lo hanno capito nel pomeriggio, dopo le dimissioni dilazionate di Matteo Renzi.

“E’ suicida, se fossi un militante Pd sarei incazzato”, sono le reazioni a caldo filtrate dai Cinque Stelle. Che su un punto non transigono: “Renzi se ne deve andare”. E’ questa la conditio sine qua non per aprire un canale con il Pd, già per le presidenze delle Camere. Per la cui guida il Movimento proporrà una rosa di nomi “di garanzia”.

E in questa parola, “garanzia”, c’è tutta l’apertura ad un nome che non sia un acerrimo nemico della sinistra e che abbia, in qualche modo un profilo istituzionale. Per questo, nella rosa, non può non esserci Roberto Fico (per la Camera) anche se non si esclude che dal Movimento si apra anche ad un profilo terzo.

Il day after del trionfo M5S è un mix di entusiasmo e prudenza. Nella “war room” del Parco dei Principi si fanno i conteggi su quanti seggi manchino per la maggioranza e su quanti ne servano al centrodestra, considerato oggi, più che mai, un competitor. Con l’asse della Lega che si allontana. “Un’alleanza con Salvini? Ma è una sciocchezza”, è la riflessione di chi, in queste ore, è stato a fianco a fianco con Grillo, arrivato in mattinata dopo esser partito in auto da Genova alle 3 del mattino.

A parlare ufficialmente sono gli uomini più vicini a Di Maio, da Bonafede a Toninelli. Sono loro i primi “pontieri” messi in campo per disgelare i rapporti con il Pd, segnati da anni di scontri durissimi. Nel pomeriggio arriva anche Fico e per ore sosta Luca Lanzalone presidente dei Acea e “portatore” di contatti importanti a livello finanziario e anche europeo.

La tela, insomma, è stata gettata e guarda, costantemente, al Colle. “Come fa il presidente Sergio Mattarella a non darci l’incarico?” chiede e si chiede un deputato nei corridoi del Parco dei Principi. Ed è una domanda che, idealmente, il M5S gira direttamente al Colle offrendo l’apertura ad una convergenza agli altri partiti, in primis il Pd.

Un’apertura che il M5S, rispettando la linea del Garante, vuole percorrere in assoluta trasparenza, senza incontri segreti, senza telefonate, ma con dichiarazioni pubbliche. E il voto della rete? Al momento i vertici lo escludono. Troppo delicato il momento, troppo rischioso affidarsi alla Rete. Così come viene giudicato un po’ superato lo streaming che segna gli incontri tra il M5S e il Pd di Pier Luigi Bersani.

Il clima, al momento resta euforico. Anche perché il M5S si ritrova con un gruppo parlamentare che triplica, e anche più quello precedente. E con diversi dei parlamentari uscenti in bilico recuperati all’uninominale. Non ride Dino Giarrusso, sconfitto a Roma. “Ho fatto una bella campagna, ci speravo, ma nel mio municipio non è che ci amassero tanto”, spiega l’ex Iena mostrando l’altra faccia del trionfo del M5S.

(di Michele Esposito/ANSA)

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