M5S in difficoltà su asse con FI, è pressing su Pd

Beppe Grillo, leader del M5S, e Luigi Di Maio© ANSA FOTO

ROMA. – Una giornata pressoché in silenzio, lontano dai riflettori e perfino dal suo profilo Facebook. Sono ore delicatissime per Luigi Di Maio e per il M5S, “spiazzati” dalla mossa di Silvio Berlusconi su un’asse di governo con il Movimento e allarmati dal pericolo di restare in una posizione di netta subordinazione, anche numerica in Aula, non solo nella partita per le presidenze delle Camere ma anche in quella per l’esecutivo.

Una partita per la quale i vertici del Movimento hanno tutt’altro che escluso un ruolo del Pd. Lo schema base sul quale punta Di Maio è quello di un M5S centrale nei meccanismi decisionali. Uno schema che l’apertura di Berlusconi sul governo e il vertice del centrodestra sulle Camere rischiano di ribaltare.

Non solo. Un accordo blindato tra centrodestra e M5S sui due rami del Parlamento potrebbe essere percepito, dall’elettorato pentastellato ma anche da una parte dei gruppi, come l’anticamera di un asse di governo che in tanti mal digerirebbero.

“No a Berlusconi tutta la vita”, sono le parole con cui Paola Taverna riassume la potenziale rivolta di una parte del Movimento ad un’asse con FI. E c’è chi fa comunque notare come qualsiasi accordo non potrebbe prescindere dal reddito di cittadinanza come priorità programmatica. Argomento, quest’ultimo, piuttosto lontano dall’universo azzurro. Da qui, anche il “no” del M5S a Paolo Romani come presidente del Senato.

n “non voto” che, tuttavia, non si traduce in una rottura con il centrodestra: non è escluso che i senatori del Movimento si limitino a non partecipare al voto agevolando così, la possibilità che il centrodestra “si voti da solo” Romani al ballottaggio.

Prudenza massima, quindi, per i vertici M5S, nella speranza che la politica dei “due forni” eviti a Di Maio il rischio più alto: quello di un Movimento fuori da entrambe le presidenze. A Montecitorio, infatti, al M5S servono in ogni caso almeno 91 parlamentari per ottenere la maggioranza assoluta, dopo i primi tre scrutini che richiedono i 2/3 dell’Aula.

Una cosa è certa e infastidisce non poco il M5S: il nome uscito per la presidenza del Senato del centrodestra non è frutto di una condivisione con il Movimento. M5S che reagirà quindi usando le stesse armi e indicando all’assemblea congiunta prevista alle 13 il proprio candidato alla Camera. Ed è Roberto Fico, secondo gli ultimissimi rumors parlamentari, il nome in pole con il conseguente “sacrificio” dell’altro favorito Riccardo Fraccaro.

Ed è anche nella scelta di Fico – profilo apprezzato dalla sinistra – che il M5S sembra tendere la mano ai Dem. Nel pomeriggio i capogruppo cercano al telefono i “big” Pd, tassello fondamentale (con oltre 100 deputati) per Di Maio per uscire dal “cul de sac” di un accordo solo con il centrodestra. Il pressing del M5S sui Dem cresce con il passare delle ore e passa anche per un’eventuale grossa apertura sulle vicepresidenze.

Di certo, per il M5S, è l’ora di decidere. “Siamo tutti sulla stessa barca, non possiamo fermarla ma possiamo decidere che direzione prendere”, è l’esortazione di Beppe Grillo nel suo ormai consolidato ruolo di “padre nobile”.

(di Michele Esposito/ANSA)

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