L’Europa, le spie e le sfide del nuovo millennio

La sede dell'Unione europea e le bandiere delle nazioni al vento. Ue
La sede dell'Unione europea e le bandiere delle nazioni al vento.

ROMA. – Il parziale ricompattamento europeo nella ‘guerra delle spie’ con Mosca può concedere un po’ di respiro e un pizzico di autostima alla stanca diplomazia dell’Ue ma non deve trarre in inganno: i prossimi mesi saranno duri e decisivi per la costruzione di concrete e solide politiche comuni di fronte alle sfide epocali di inizio millennio.

L’Europa ha risposto in maniera sufficientemente netta a Putin e ha mostrato solidarietà a Londra, ma se da un lato mancano all’appello diversi Paesi membri nell’azione contro Mosca, dall’altro sono abbastanza nette le differenze di toni e posizioni dei Paesi europei. Insomma, siamo ancora molto lontani da una vera politica estera comune fatta di determinazione nel difendere i valori e i principi fondanti dell’Ue e di condivisione di scenari e visione del futuro. Lo slittamento verso gli interessi nazionali è sempre in agguato.

Il mezzo passo avanti fatto dall’Ue potrà però essere un buon viatico se verrà considerato un punto di partenza dal quale proseguire velocemente. D’altra parte, i cambiamenti in corso a livello geopolitico globale sono rapidi e chiari, così come chiare sono le sfide che aspettano l’Europa nei prossimi anni.

L’Unione europea dovrà decidere se vorrà essere un attore unico sugli scenari internazionali (cosa che normalmente le riesce ancora molto difficile), dovrà completare efficacemente l’Unione monetaria (con l’Unione bancaria, con quella fiscale e, forse, con un ministro delle finanze, un budget unico dell’Eurozona e una sorta di Fondo monetario europeo), dovrà risolvere l’annosa guerra tra rigoristi e chi chiede più risorse pubbliche (ha ancora senso il fiscal compact in un continente che ha disperato bisogno di investimenti?).

Inoltre, dovrà recuperare la propria memoria (di quando i migranti erano i cittadini europei) e unire solidarietà, regole, programmi pratici e piani concreti per lo sviluppo dell’Africa per risolvere alla radice la strategica sfida delle nuove migrazioni.

Dovrà collaborare senza retropensieri e con trasparenti scambi di informazioni per una efficace lotta al terrorismo di ispirazione islamica. Dovrà decidere quali rapporti avere con l’America di Trump e rispondere in maniera compatta alla ‘guerra dei dazi’ appena iniziata. Dovrà porre i propri principi e valori alla base delle relazioni con quei Paesi che si atteggiano a democrazie senza esserlo pienamente.

La posizione assunta nei confronti di Mosca è dunque una base di partenza utile, ma gli europei dovranno essere consapevoli di dover gestire evidenti divisioni interne. Recentemente il cosiddetto gruppo degli Otto paesi nordici, guidati dall’Olanda, ha richiamato con forza l’esigenza di non fare nessun passo indietro sul terreno dell’austerità e del rispetto delle regole economiche che, in realtà, fino ad oggi non hanno aiutato molto la ripresa europea, come il saggio atteggiamento di Mario Draghi dimostra ampiamente.

Il club degli Otto va inoltre a ingarbugliare un dialogo europeo controverso e si aggiunge alle difficoltà create dal gruppo di Visegrad, a cui si va rapidamente aggiungendo l’Austria. Qua il problema è politico e la totale mancanza di solidarietà sulla questione dei rifugiati è soltanto la punta di un iceberg fatto non di interessi ma di egoismi nazionali.

La soluzione è stata abbondantemente individuata: si dovrà procedere con le cooperazioni rafforzate, gruppi di Paesi che andranno avanti su singole iniziative (si sta forse cominciando con la politica di difesa) lasciando aperta la porta agli altri Paesi.

Anche stavolta a guidare il gruppo saranno Parigi e Berlino con la cooperazione tra Macron e Merkel rafforzata dopo la nascita della Grosse Koalition in Germania e in attesa del nuovo governo italiano. Non sarà una strada facile, l’Europa dovrà necessariamente trovare quello che non ha mai avuto negli ultimi anni: visione e coraggio.

(di Stefano Polli/ANSA)

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