TRENTO. – Sarebbe una gioia, perché il loro bimbo è nato, sta bene, e il parto non ha avuto complicanze. Se non fosse per il conto da circa 18.000 euro, che non avevano previsto. Protagonista di questa felicità, che sta diventando in parte un guaio, è una coppia russa che a fine febbraio è andata in Trentino per una vacanza sulla neve, ma che si è trovata di fronte alla nascita prematura del figlio, al settimo mese.
Anastasia e suo marito sono arrivati in Trentino il 24 febbraio con degli amici. Il programma per tutti era quello di qualche giorno di sci, tranne che per la futura mamma, decisa a riposarsi sulle Dolomiti. La sera stessa dell’arrivo a Moena però si sono presentate le prime contrazioni e la donna è stata portata all’ospedale Santa Chiara di Trento, dove ha partorito tre giorni dopo.
È andato tutto bene: stanno bene sia il bimbo che la mamma. Il piccolo però, proprio perché prematuro, è rimasto in reparto nella struttura sanitaria del capoluogo trentino. Anche fin qui tutto bene, tranne per il fatto che il sistema sanitario russo non ha convenzioni con l’Italia o con l’Unione europea. Il piccolo è stato curato, come da prassi in Italia, senza richieste di eventuali assicurazioni private, ma il conto poi è stato presentato dall’amministrazione sanitaria.
“Noi abbiamo una normale assicurazione turistica – spiega la giovane mamma – che non copre queste spese, quindi dovremo pagare 3.000 euro per il parto e circa 15.000 euro per i due mesi di degenza. Perché nostro figlio sarà pronto per tornare in Russia fra un mese, ma per noi è una cifra troppo grande”.
La soluzione che è stata suggerita loro è stata di chiedere un permesso di soggiorno, visto che hanno scartato l’idea di una raccolta fondi pubblica. “Siamo andati in un ufficio – spiega la neomamma – e ci hanno detto che potremo fare richiesta solo dopo che scade il nostro visto turistico, cioè a fine maggio, ma è troppo tardi. Ci piacerebbe che lo Stato facesse un’eccezione per il nostro caso particolare, per permetterci di fare domanda subito”.
Un’ipotesi che lascia comunque aperto il dubbio che la domanda di permesso venga accolta. Così come resta il fatto, dal punto di vista amministrativo, che il permesso di soggiorno eliminerebbe le spese sanitarie solo dal momento dell’ottenimento, quindi per l’ultimo mese di degenza del piccolo in ospedale. L’unica strada da percorrere per i genitori, in caso contrario, resterebbe quella di chiedere a posteriori un rimborso nel proprio Paese di provenienza.
(di Claudia Tomatis/ANSA)
