Ispettori Opac entrano a Duma, trovata una fossa comune

NEW YORK. – Gli ispettori dell’Organizzazione internazionale per la proibizione delle armi chimiche (Opac) sono finalmente entrati a Duma, il sobborgo a est di Damasco colpito da un attacco con i gas lo scorso 7 aprile, e dove nelle ultime ore è stata rinvenuta una fossa comune con almeno 30 cadaveri. Scortati dalla polizia siriana, gli esperti che agiscono sotto l’egida delle Nazioni Unite hanno potuto finalmente cominciare a raccogliere quelle prove che dovrebbero fare chiarezza su quanto accaduto, a oltre una settimana dalla tragedia in cui sono rimaste uccise almeno 70 persone e intossicate altre 500.

La situazione sembra dunque sbloccarsi dopo una lunga fase di stallo in cui potrebbero essere sparite molte tracce dell’eventuale uso di gas sarin o di bombe al cloro. Ma comunque qualcosa comincia a muoversi, nel giorno in cui la cancelliera tedesca Angela Merkel – sfilatasi dai raid missilistici di Usa, Francia e Regno Unito – in una telefonata col leader del Cremlino Vladimir Putin apre al dialogo con Mosca: “Non si potrà aver alcun processo di pace in Siria senza la Russia. Quindi – ha aggiunto – nonostante la corresponsabilità di Putin con il regime di Assad bisogna continuare a dialogare e chiarire i conflitti e le diversità di opinioni”.

Una posizione questa che può facilmente trovare d’accordo Donald Trump, che da tempo auspica un incontro con Putin, tanto che a fine marzo lo aveva anche invitato a Washington per organizzare finalmente un faccia a faccia serio, quel confronto a 360 gradi più volte rinviato. Il tycoon – secondo quanto riportano i media Usa – mal sopporta la svolta aggressiva nei confronti della Russia impostagli dai falchi della sua amministrazione, all’interno della quale – sottolinea in particolare il New York Times – si sta consumando una sorta di scisma.

Con le nuove sanzioni contro la Russia, già pronte sul tavolo del segretario al Tesoro Steve Mnuchin, stoppate proprio dalla Casa Bianca, con Trump – raccontano i ben informati – infuriato per quella che ritiene una linea troppo dura verso il Cremlino, compresa l’espulsione dei 60 diplomatici in risposta al caso Skipral.

Tornando sul campo, l’arrivo degli ispettori a Duma non allenta però le tensioni e la guerra di nervi tra russi e americani. E se l’Occidente continua a puntare il dito sul regime di Bashar al Assad, considerato fin dal primo momento il responsabile del massacro di Duma, Mosca continua a parlare di messa in scena orchestrata per motivare i raid missilistici di Usa, Francia e Regno Unito.

E per corroborare la sua tesi ha annunciato che i militari russi durante un’ispezione avrebbero trovato proprio a Duma un laboratorio chimico e un deposito di sostanze chimiche bandite, entrambi messi in piedi e utilizzati dai ribelli anti-Assad. Rinvenuto, secondo i russi, anche un contenitore di cloro “simile a quello usato dai miliziani per inscenare il falso attacco da parte delle forze del governo di Damasco”.

Intanto Trump continua a meditare su un prossimo ritiro delle truppe Usa dalla Siria e – secondo il Wall Street Journal – starebbe puntando agli alleati arabi per sostituire i soldati Usa: non solo l’Egitto, ma anche Arabia Saudita, Qatar, mirati Arabi Uniti.

“Lasciamo che siano altri ora ad occuparsene”, aveva detto giorni fa il tycoon dicendo di voler lasciare la Siria al più presto. Una conferma in questo senso è arrivata oggi da Riad per bocca del ministro degli Esteri saudita Adel al Jubeir, che ha annunciato che il Regno sta discutendo con l’amministrazione Trump del possibile invio di truppe in Siria.

(di Ugo Caltagirone/ANSA)

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