Sono 537 gli amministratori minacciati, uno ogni 16 ore

Amministratori locali (foto tratta dal rapporto di Avviso Pubblico) © Ansa

ROMA. – Nel 2017 sono stati 537 gli atti intimidatori, di minaccia e violenza nei confronti degli amministratori locali, uno ogni 16 ore. Dal 2011, anno in cui furono censiti 212 casi, gli atti intimidatori sono aumentati del 153%. E’ quanto riporta il report “Amministratori sotto tiro” presentato oggi da Avviso Pubblico, rete di Enti locali e Regioni contro le mafie, presenti il procuratore nazionale antimafia, Cafiero De Raho, la presidente uscente della Commissione parlamentare antimafia, Rosy Bindi, il procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone, il giornalista minacciato Paolo Borrometi e tanti altri.

Il fenomeno lo scorso anno ha coinvolto per la prima volta tutte le 20 regioni italiane, 78 Province e 314 Comuni, il 6% in più nel confronto con il 2016. Resta immutato, rispetto al 2016, il profilo tipo dell’amministratore sotto tiro: ricopre la carica di sindaco di un Comune medio – piccolo del Sud Italia, con una popolazione fino a 50mila abitanti, a cui ignoti bruciano nottetempo l’auto parcheggiata in una via pubblica situata nei pressi dell’abitazione o nel cortile di casa.

Il 13% delle intimidazioni è stato rivolto nei confronti di donne, minacciate con le stesse metodologie utilizzate per gli uomini. Il 69% degli atti intimidatori agli amministratori locali si concentra nel Sud e nelle Isole. La Campania è la regione più colpita con 86 casi censiti, un preoccupante +34% rispetto al 2016. A seguire la Sicilia – ai vertici di questa classifica nel 2014 e nel 2015 – con 79 casi censiti.

Il terzo posto vede appaiate la Calabria, prima regione per intimidazioni nel 2016, e la Puglia, che fa segnare nel 2017 una recrudescenza del fenomeno, con 70 casi registrati. Quinto posto per la Sardegna, con 48 intimidazioni censite. Al sesto posto la Lombardia, con 28 casi, è la prima Regione del Centro – Nord, davanti a Lazio (24 casi), Piemonte (21 casi), Emilia-Romagna (20 casi) e Veneto (19 casi). A parte il Lazio, dove il dato è sostanzialmente stabile, in tutte le altre regioni si è registrato un sensibile aumento dei casi.

Un particolare che è stato evidenziato anche dagli interventi dei relatori è che si assiste ad un aumento costante dei casi in cui non sono le mafie o altre organizzazioni criminali a colpire, quanto singoli cittadini o gruppi di essi, che sfogano il proprio disagio e, in alcuni casi, i propri istinti più bassi, verso il politico e il dipendente pubblico fisicamente più raggiungibile.

Anche la “questione immigrazione” genera minacce e intimidazioni: nel 21% dei casi, la possibilità di accogliere degli immigrati o una loro presenza sul territorio, percepita come eccessiva da parte della popolazione, ha creato tensioni che sono sfociate anche in intimidazioni verso gli amministratori locali.

“La politica non può non dare priorità a questi temi – ha sottolineato De Raho – serve una attenzione ancora più forte, le mafie puntano in alto”. Per Bindi il problema consiste nel fatto che in Italia “la violenza è stata sdoganata, è diventata lo strumento con cui si pensa di risolvere i problemi”. “Lo Stato siamo noi, dobbiamo convincerci di questo e combattere tutti insieme la stessa battaglia”, ha evidenziato dal canto suo il procuratore Pignatone.

(di Valentina Roncati/ANSA)

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