Pd ora valuta apertura “condizionata”. Renzi in campo

Renzi sfida gli inciucisti: "Dite chi vuole M5s". Caos Dem

ROMA. – Ha sentito diversi parlamentari e chiesto loro di fare sondaggi tra i militanti, Matteo Renzi. I social e i messaggi WhatsApp restituiscono umori “stracontrari” a un governo di Pd e M5s. Anche l’ex segretario sarebbe fermo sul “no”: manca ogni presupposto anche perché, sono convinti i Dem, il filo tra Salvini e Di Maio non è spezzato. Ma non è escluso, secondo i dirigenti vicini all’ex premier, che in direzione Renzi dia un via libera “condizionato” all’apertura di un tavolo con i grillini.

I due paletti di partenza li ricorda Ettore Rosato e pongono già alta l’asticella: chiudere con Salvini “non solo formalmente” e assicurare la “prosecuzione” della “stagione di riforme” dei governi di centrosinistra. Renzi, che in giornata è a Roma, parlerà per la prima volta in pubblico dopo le dimissioni, nello studio tv di Fabio Fazio, domenica. E’ in fase di riflessione, racconta un dirigente: si prepara a fare un ragionamento “alto, di sistema”.

Consapevole che le sue parole saranno determinanti, in vista della direzione del 3 maggio. “In tanti gli chiedono di tornare segretario, ma non è nei suoi programmi: certo non si può abdicare dall’essere un leader, Renzi è in campo senza se e senza ma”, dice Rosato. Che i parlamentari renziani considerino “impossibile” un’intesa con M5s e “inaffidabile” Di Maio, lo ripetono senza sosta. Il tentativo dei pontieri è però evitare una conta in direzione che rischia di far male a un partito già provato: “Se passasse il “no” Martina dovrebbe dimettersi – ragiona un esponente di minoranza – e Renzi potrebbe essere additato come ‘sfascista’, per non parlare dei rischi di frattura o scissione”.

Perciò, anche se nessuno scommette che alla fine ci si avvicini a fare un esecutivo con Di Maio, secondo un “big” molto vicino all’ex segretario ad oggi le chance che si scelga di andare a vedere le carte sono “al 50%”. Su un eventuale governo con M5s si dovrebbe fare, sostiene Andrea Orlando, un referendum aperto a tutti, non solo agli iscritti al Pd. Ma il renziano Michele Anzaldi ribatte che così voterebbero i Cinque stelle.

Martina, che trascorre la giornata al Nazareno, ascolta intanto militanti e territori: sente un portavoce di circolo del bolognese che gli aveva scritto per chiedere il massimo coinvolgimento nelle scelte. Il reggente confida che si possa trovare un percorso unitario per aprire il confronto con M5s, lasciando la valutazione degli esiti a un altro passaggio finale di giudizio da parte della direzione Pd.

Ma il giudizio dei renziani su com’è stata condotta la partita finora è assai critico: il punto, dicono, non è neanche se sedersi o meno al tavolo, ma come farlo, con quale prospettiva politica. Bisogna condurre la partita, non subirla. Perciò, se alla fine prevalesse la mediazione, la discussione sarebbe non solo su quale delegazione debba andare al tavolo (qualcuno vorrebbe lo stesso Renzi) ma anche con che mandato: bisogna tenere alta l’asticella – dicono i dirigenti più vicini all’ex premier – innanzitutto su temi e programmi e poi anche sulle forme di sostegno al governo. Di Maio premier, per dire, resta un ostacolo.

(di Serenella Mattera/ANSA)

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