Ministro figlio d’immigrati per salvare May dallo scandalo

LONDRA. – Un ministro figlio d’immigrati per salvare Theresa May dallo scandalo sull’immigrazione. E’ Sajid Javid, 48 anni, origini familiari pachistane, il nuovo ministro dell’Interno britannico in sostituzione di Amber Rudd, accusata d’aver mentito in parlamento sull’esistenza delle quote annuali prestabilite di migranti “illegali” da deportare dal Regno Unito e costretta ieri a dimettersi al culmine dell’ennesimo terremoto abbattutosi sul malcerto governo conservatore di Londra.

La scelta è stata annunciata da Downing Street sullo sfondo di una vicenda che proietta ombre cupe sulla stessa premier, alla guida del dicastero dell’Interno (Home Office) per ben sei anni fino al 2016 e artefice in prima persona del pugno di ferro sui flussi migratori. Con gli effetti collaterali del caso.

Javid lascia la poltrona di titolare delle Comunità Locali e dell’Edilizia a James Brokenshire, che rientra dopo un’operazione per un tumore polmonare, in un minirimpasto cucinato in tutta fretta e completato dal passaggio delle deleghe delle Pari Opportunità – finora attribuite a Rudd – a un altra ministra donna, quella dello Sviluppo Internazionale, Penny Mordaunt.

Ma quel che conta è l’Home Office, una casella chiave destinata a cambiare gli equilibri dell’esecutivo: indebolendo il peso femminile e quello dei moderati ostili a una ‘hard Brexit’, tenuto conto che Sajid Javid può essere al massimo annoverato fra i ‘Remainer’ tiepidi, come sottolinea la Bbc, a differenza di Rudd il cui fratello fu fra i registi della campagna pro-Ue all’epoca del referendum del 2016. Ma più che altro indebolendo May, costretta a sacrificare un’altra fedelissima (dopo l’ex vicepremier de facto Damian Green e l’ex responsabile della Difesa, Michael Fallon, entrambi impelagati in sospetti di molestie sessuali) per rimpiazzarla con un reduce della ‘generazione Cameron’ a lei non particolarmente vicino.

La scelta è parsa del resto quasi obbligata. Javid – nato da genitori pachistani sbarcati nel Regno degli anni ’60 (il padre fu autista di bus come quello del sindaco laburista di Londra, Sadiq Khan), prima di compiere la sua scalata sociale attraverso gli studi a Exeter, la militanza giovanile Tory e le esperienze internazionali da banchiera d’affari – è un volto spendibile per cercare di fermare l’onda montante dello scandalo.

Il primo capo dell’Home Office figlio della nuova Gran Bretagna multietnica, della comunità asiatica o nera. Pronto a confrontarsi già oggi ai Comuni con le veementi contestazioni di Diane Abbott, ministra ombra laburista d’ascendenze familiari caraibiche, promettendo più “giustizia”. Ma soprattutto sbandierando a sua volta le proprie radici per negare alla rivale, o alla sinistra in genere, “il monopolio” della sensibilità e dello sdegno.

Un elemento tutt’altro che secondario se si considera che a travolgere Amber Rudd è stata la vicenda della cosiddetta Windrush Generation: storici migranti della ex colonie delle Indie Occidentali approdati nel Regno a partire dal 1948 per la ricostruzione postbellica (i primi a bordo della nave Empire Windrush) con la promessa di potervi restare. Salvo essere privati a decenni di distanza di diritti fondamentali solo per lacune burocratiche sui loro documenti e in forza della politica delle espulsioni predeterminate introdotta negli ultimi anni.

Espulsioni di cui Rudd aveva negato d’essere a conoscenza, ingannando la Camera dei Comuni (inconsapevolmente secondo la sua autodifesa, deliberatamente stando a una lettera svelata dal Guardian), ma di cui May è stata la promotrice col giro di vite legislativo del 2012 e l’ordine di creare un indistinto “ambiente ostile all’immigrazione illegale”.

La premier non ha in effetti neppure cercato nascondere d’aver saputo dei “target sulle espulsioni”. E ha rivendicato la distinzione fra migranti legali e illegali. Mentre il leader del Labour, Jeremy Corbyn, ha replicato insistendo sul legame diretto fra politica migratoria Tory e ingiustizie patite dalla Windrush Generation: una “vergogna” di cui, ha tuonato Corbyn, è May a “dover rispondere” dopo aver usato Rudd come “scudo umano”.

(di Alessandro Logroscino/ANSA)

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