Air France, i dipendenti votano no e il numero uno si dimette

PARIGI. – E’ sempre più crisi ad Air France: i dipendenti hanno respinto a maggioranza la proposta di accordo salariale della direzione, sulla quale il presidente Jean-Marc Janaillac aveva messo in gioco la sua permanenza. Immediato l’annuncio di dimissioni, proprio durante il 13/o giorno di sciopero in due mesi. Ancora più lontano un accordo sulle richieste di aumento salariale della compagnia. Finora il conflitto è costato all’azienda 300 milioni di euro.

Janaillac ha perso la scommessa e, dopo 9 giorni di votazioni on line, l’80,33% dei 46.771 dipendenti che ha votato al referendum voluto dall’azienda, ha dovuto prendere atto della sconfitta. Hanno votato no alle sue proposte il 55,44% dei dipendenti, il voto è una bocciatura senza appello dopo due anni di presidenza. “Mi faccio carico di tutte le conseguenze di questo voto, presenterò le dimissioni nei prossimi giorni”, ha annunciato in una conferenza stampa lampo, al termine della quale ha rifiutato di rispondere alle domande. Limitandosi soltanto a parlare di “immenso spreco”.

La proposta dell’azienda puntava sulla possibilità di chiudere il conflitto esploso il 22 febbraio con la decisione dei sindacati di indire uno sciopero a intermittenza. Il testo proposto da Janaillac prevedeva un aumento generale degli stipendi del 7% da oggi al 2021, il 2% entro quest’anno. Adesso il sindacato, che ha già confermato anche i due giorni di sciopero previsti per la settimana prossima (7 e 8 maggio), appare in posizione di forza per ogni eventuale riapertura della trattativa.

L’impatto economico del conflitto nella compagnia aerea francese è stato stimato – fino a fine aprile – in almeno 300 milioni di euro. Quanto a Janaillac, il pdg lascia Air France meno di due anni dopo essere succeduto ad Alexandre de Juniac: “spero che la mia uscita – ha detto – consentirà di arrivare a una presa di coscienza collettiva e di avviare le condizioni per una ripresa”.

Nei due anni di presidenza, ha conferito al gruppo una dinamica positiva, con alleanze internazionali e l’entrata di China Eastern e Delta nel capitale, ha fatto entrare il gruppo nella proprietà di Virgin e ha creato una nuova compagnia con costi di gestione che consentono di mantenere rotte a fortissima concorrenza. Ma il clima interno all’azienda è rimasto teso, i conflitti sindacali non sono mai stati pacificati e, alla fine, sono esplosi sulla questione degli aumenti di stipendio.

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