Pirlo, nuova vita: “In Nazionale sarebbe stupendo”

MILANO. – Ispirato da Antonio Conte e intrigato dall’idea di partecipare al rinnovamento del calcio italiano, Andrea Pirlo non fatica a immaginarsi allenatore, o comunque con un ruolo tecnico nel mondo azzurro. Anche se per ora è sfumata l’ipotesi di affiancare il suo “secondo padre” Carlo Ancelotti alla guida della Nazionale, ruolo per il quale è in pole Roberto Mancini.

“Con Carlo ne abbiamo parlato poco tempo fa. Sono ancora giovane, ho tempo per pensarci”, ha raccontato l’ex fantasista di Inter, Milan e Juventus, a cui è stato assegnato il Premio ‘Il bello del calcio’ in ricordo di Giacinto Facchetti nel Candido Day celebrato ogni anno dalla Gazzetta dello sport in memoria di Cannavò.

“Andrea ha le qualità per fare l’allenatore” ha certificato lo stesso Ancelotti in un video messaggio, e per il dg della Figc, Michele Uva, “è indispensabile che la Nazionale coinvolga chi come lui che ha fatto la storia del calcio”.

Il bresciano, 39 anni il 19 maggio, due giorni dopo giocherà la partita d’addio a San Siro con decine di campioni convocati, fra cui l’amico Billy Costacurta, il vicecommissario federale in cerca di un ct. “Lo vedo spesso – ha spiegato -, sarebbe stupendo lavorare per la Nazionale, la maglia azzurra è stata sempre una seconda pelle”.

Intanto prenderà il patentino, contagiato da Conte ai tempi della Juventus. “Ci faceva vedere e rivedere video, davanti alla sua ossessione e passione mi è venuta un po’ voglia di allenare”, ha raccontato, in attesa di vedere se “scatterà la scintilla come è successo a tanti miei compagni”.

Ad esempio Rino Gattuso, bersaglio privilegiato degli scherzi di Pirlo nello spogliatoio di Milanello. “Mangiò un lumacotto vivo per scommessa e non gli abbiamo nemmeno dato i soldi”, ha raccontato il campione del Mondo 2006, “simpatico quanto bravo” secondo Demetrio Albertini, messo in ombra al Milan proprio dall’arrivo di Pirlo.

“In rossonero ho vissuto i miei dieci anni più belli”, ha detto l’ex fantasista scorrendo l’album dei ricordi: le punizioni provate in casa usando il divano come barriera, gli inizi a Brescia con Mazzone e Baggio, la deludente esperienza all’Inter, la Prima “indimenticabile” Champions, la finale di Istanbul (“Volevo smettere, poi ci siamo presi la rivincita col Liverpool”), e il Mondiale. Senza rimpiangere il Pallone d’oro: “Non ho mai pensato fosse così importante, ero contento di vincere con la squadra”.

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