Tassa di soggiorno vale 507 milioni nel 2018, in 900 Comuni

Turisti a Fontana di Trevi di spalle alla fontana mentre gettano le tradizionali monetine.
Turisti a Fontana di Trevi

ROMA. – Una tassa che operatori e imprenditori del turismo in generale non amano e che il contratto di governo tra Lega e M5S prevede di eliminare, ma che amministratori locali e sindaci ritengono invece indispensabile. E’ l’imposta di soggiorno che nel 2017 ha superato quota 463 milioni di euro di incasso, mentre nel 2018 si andrà oltre i 507 milioni, che potrebbero diventare addirittura 660 se si trovasse un accordo governativo con le piattaforme di home tourism.

L’ultima fotografia è scattata dall’Osservatorio Nazionale sulla Tassa di Soggiorno di Jfc ma i dati sono in continuo aggiornamento. Infatti secondo le previsioni quest’anno saliranno quasi a 900 i Comuni che applicano la tassa ma in molte amministrazioni si sta decidendo se introdurla o meno. E inoltre molti Comuni hanno rimodulato le tariffe esistenti, sempre rivedendole in aumento.

“L’imposta di soggiorno – spiega Massimo Feruzzi, responsabile di Jfc – rappresenta, per molti enti locali, una delle poche “opzioni” sulle quali poter agire in completa autonomia. Infatti la possibilità offerta ai Comuni di reintrodurre l’imposta di soggiorno (Legge 96 del 21 giugno 2017 e conversione in legge del Dl 50/2017) non è rimasta inascoltata.

Ben 116 Comuni hanno già introdotto l’imposta ma in un numero ben maggiore di amministrazioni comunali se ne sta discutendo: sono 137 ma altri se ne aggiungono quotidianamente. Si prevede l’introduzione dell’imposta di soggiorno soprattutto in Comuni localizzati nelle seguenti regioni: Liguria, Sardegna e Friuli Venezia Giulia (ultima regione a introdurla)”.

“Nei primi quattro mesi del 2018 – dice Feruzzi – ulteriori 59 Comuni hanno approvato l’istituzione dell’imposta, sia a partire dai primi mesi dell’anno come pure con avvio in occasione della stagione estiva (tra cui Portofino, Rapallo, Santa Margherita Ligure, Monterosso a Mare, Aquileia, Castelsardo, Trieste, Ventimiglia, Volterra, Sestri Levante, Sirolo, Jesi, Positano, Moneglia, Pistoia, Enna, Cuneo, Camogli, Lignano Sabbiadoro)”.

Vi sono alcuni Comuni che stanno già pensando al 2019, come Tortoreto (dove l’imposta prenderà avvio dal 1 gennaio), Sassari, Sanremo, Ribera o Diano Marina. Accade però anche il contrario: mentre molti corrono per 2 introdurre l’imposta, il Comune di Lodi la toglie, rinunciando in tal modo ad un incasso annuo sicuro di 32mila euro.

Dall’Osservatorio emerge inoltre che diverse amministrazioni locali hanno già preso accordi con Airbnb per l’incasso dell’imposta di soggiorno. Si tratta di Genova, Bologna, Firenze, Milano, Napoli, Rimini, Palermo e Roma. Se fosse definita un’imposta a tutti i soggiorni dei clienti che alloggiano in case ed appartamenti commercializzati in Italia da Airbnb, Wimdu, Halldis, Housetrip, Friendly Rentals, GowithOh, Temporary House, Budgetplaces, Only Apartments, WaytoStay, Interhome – secondo Jfc – nel 2018 si potrebbe raggiungere un ulteriore incasso complessivo di 153 milioni per i Comuni.

(di Cinzia Conti/ANSA)

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