Bufera sul football Usa, Trump vuole punire gli atleti

San Francisco 49ers back-up quarterback Colin Kaepernick in ginocchio durante l'inno nazionale. per protestare contro il razzismo verso gli afroamericani.
San Francisco 49ers back-up quarterback Colin Kaepernick in ginocchio durante l'inno nazionale. ANSA/JOHN G MABANGLO

NEW YORK. – E’ bufera sulla Nfl, la lega professionistica del football americano che ha deciso di multare i club dei giocatori che insceneranno forme di protesta durante l’esecuzione dell’inno nazionale, come inginocchiarsi o incrociare le braccia. Una decisione definita dalle associazioni per i diritti civili e sui social media “illiberale e razzista”, visto che la campagna #taketheknee, mettiti in ginocchio, nasce per manifestare contro i tantissimi episodi di violenza della polizia verso gli afroamericani.

“La Nfl si inginocchia a Trump”, è il duro commento del New York Times, che ricorda come fu proprio il tycoon mesi fa a chiedere di reprimere tali atteggiamenti sui campi da gioco. Pazienza se la motivazione può sembrare nobile, del resto il tycoon si è sempre schierato dalla parte degli agenti anche di fronte a chiari episodi di abuso e brutalità.

Eppure per il presidente americano le decisioni prese dalla National Football League non bastano: gli atleti che non restano in piedi durante l’inno secondo lui andrebbero puniti, se non addirittura cacciati. “Non penso che a queste persone durante l’inno possa essere permesso di restare negli spogliatoi”, afferma il tycoon in un’intervista a Fox News: “Di fronte all’inno bisogna stare in piedi con orgoglio, oppure non dovresti giocare, non dovresti essere lì, e forse non dovresti restare in questo Paese”.

Affermazioni pesanti, con all’orizzonte uno scontro senza precedenti che potrebbe travolgere il mondo del football americano, lo sport di gran lunga più popolare negli Usa, con i sindacati dei giocatori sul piede di guerra e che studiano il modo migliore di reagire. Sindacati che non sono stati assolutamente consultati sulle nuove direttive della Lega, decise senza alcun confronto con gli atleti.

“I proprietari della Nfl – scrive il board del New York Times – sono arrivati alla stessa conclusione del presidente, e cioè che il vero patriottismo non è il coraggio di stare in piedi per i principi democratici ma stare in piedi, punto e basta”. Insomma, le società invece di difendere il diritto degli atleti di manifestare pacificamente “si sono arrese ai desideri del tycoon di demonizzare chi protesta” in nome di una maggiore giustizia per gli afroamericani e per le minoranze.

Ecco allora che sui media e sui social network è una valanga di critiche, in cui si parla di “epico errore” della Nfl, “il più grave della sua storia”, con i vertici della lega letteralmente impauriti dalla Casa Bianca. La nuova policy viene definita come “stupida”, “sciagurata”, “orribile”, ma soprattutto “discriminatoria”. E uno dei bersagli principali è il vicepresidente Mike Pence che subito dopo l’annuncio della linea dura da parte della Nfl ha twittato “Vittoria”.

Ma proprio su Twitter viene lanciato l’hastag #nflcollusion, rilanciato anche da Colin Kaepernick, il quarterback dei San Francisco 49ers che nel 2016 ha dato vita alla protesta contro il razzismo e la brutalità della polizia verso i neri d’America, inginocchiandosi per primo all’inno. Fu poi seguito da molti altri colleghi della sua e di altre squadre, e la campagna #taketheknee ben presto dilagò a molti altri sport facendo proseliti tra star del basket come LeBron James o Stephen Curry e tra idoli del mondo dello spettacolo come Stevie Wonder.

Tutte voci che torneranno certamente a farsi sentire più forti che mai nei prossimi giorni. Intanto l’ironia di Michael Moore irrompe sempre su Twitter: “Oh Nfl, ti amo! Quale momento migliore per limitare la libertà di parola se non quello dell’inno nazionale! Usa! Usa!! Usa!!!”. “Questo e’ senza mezzi termini razzismo”, scrive invece l’attrice Natasha Rothwell.

(di Ugo Caltagirone/ANSA)

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