Pd in piazza a difesa del Colle, ma dubbi su Cottarelli

Conferenza stampa nella sede del Pd di Maurizio Martina, Graziano Delrio e Andrea Marcucci. il tavolo stipato di microfoni
Conferenza stampa nella sede del Pd di Maurizio Martina, Graziano Delrio e Andrea Marcucci. ANSA/ALESSANDRO DI MEO

ROMA. – Ritrova la piazza, il Pd. E congela il congresso. L’emergenza urne costringe infatti i Dem a unire le forze per evitare che la sconfitta del 4 marzo diventi un baratro in autunno. Matteo Renzi è già in campagna elettorale: si può creare, assicura, un fronte largo “repubblicano” ed europeista che porti alla “rivincita”. Ma il pessimismo dilaga nel Pd e l’attivismo dell’ex segretario irrita la minoranza. I “non renziani” invocano da subito Paolo Gentiloni alla guida di una coalizione di centrosinistra. E liste che indichino forte “discontinuità” rispetto al renzismo.

Ma se ne parlerà solo dopo aver archiviato la questione Cottarelli: votare la fiducia o astenersi?, è il dilemma. Si farà – dicono all’unisono i Dem – quanto sarà necessario per sostenere l’iniziativa di Mattarella. Il reggente Maurizio Martina dice “sì” a Cottarelli già in mattinata. Ma i dubbi tra i Dem sono tanti.

Non solo tra i renziani, che ricordano le ruggini tra l’allora commissario alla spending review e il premier Renzi. Ma anche nelle chat dei parlamentari di minoranza circola la domanda: non si rischia di pagare troppo cara nelle urne la scelta di sostenere da soli il governo Cottarelli? Una decisione non è presa.

Ma su un punto i Dem sono d’accordo: bisogna sostenere Mattarella, dunque se ci si potrà astenere bene, sennò si vota la fiducia. Ne parleranno i gruppi domani e la direzione tra mercoledì e giovedì. Intanto, si torna in piazza. “In difesa della Costituzione e del presidente della Repubblica”, sottolinea Gentiloni twittando una foto delle persone riunite nel pomeriggio a piazza Castello a Torino.

Adesso, annuncia Martina, ci saranno presidi in diverse piazze e venerdì 1 giugno, alla vigilia delle piazze anti-quirinalizie di M5s e Lega, “due grandi manifestazioni a Roma e a Milano a difesa delle istituzioni”. “Abbiamo il dovere di reagire”, suona la carica Renzi in diretta su Facebook dal suo ufficio di Palazzo Giustiniani: le elezioni saranno “una battaglia incredibile tra chi vuole uscire dall’Europa e chi vuole un’Italia forte ma dentro l’Europa”.

L’estrema speranza dei Dem è che si possa evitare il voto subito e arrivare al 2019: “Siamo pronti a votare la legge di bilancio che sterilizzi le clausole di salvaguardia”, dice un dirigente renziano. Ma pochi ci credono: le urne sono vicine. E circola nelle chat del partito, seminando il terrore, uno studio dell’Istituto Cattaneo secondo cui M5s e Lega vincerebbero alleati il 90% dei collegi uninominali.

La polarizzazione, però, sono convinti Renzi e Carlo Calenda, può aiutare il Pd a coalizzare un ampio fronte Repubblicano. “Ci potete scommettere che mi candiderò”, annuncia Calenda. Che invoca per Gentiloni la guida del partito e la leadership della coalizione elettorale. Dario Franceschini, che vede Martina al Nazareno, invoca innanzitutto unità. Quella unità – sono convinti in Area Dem – può darla Gentiloni, al cui fianco potrebbero schierarsi i “padri”, da Walter Veltroni a Romano Prodi, oltre che Nicola Zingaretti e gli ex di LeU.

“Non ci si può dividere ora”, concorda Renzi. Ma sul profilo della coalizione già si discute (“Non possiamo tenere dentro da Cento a Calenda”, dicono i renziani). E soprattutto si apre lo scontro su chi farà le liste: Enrico Gasbarra invoca il ritorno di Renzi alla guida del partito ma dalla minoranza replicano che non si possono lasciare a lui le liste, “sui nomi serve discontinuità”. Ma per ora proprio per evitare nuove lacerazioni, l’idea comune è rinviare sine die l’assemblea lasciando Martina reggente in un quadro di gestione collegiale.

(di Serenella Mattera/ANSA)

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