Trump contro faziosi del Russiagate, Manafort in cella

Un primo piano di Trump affiancato da Manafort
Donald Trump e Paul Manfort

WASHINGTON. – L’Fbi? “Faziosa”; l’inchiesta sul Russiagate? “Di parte”: un Donald Trump a tutto campo si è scatenato all’indomani della diffusione del rapporto del dipartimento di Giustizia sulla gestione dell’inchiesta relativa alle email di Hillary Clinton. E così il presidente degli Stati Uniti è tornato a puntare il dito contro investigatori federali e procuratori, mentre poche ore prima il suo avvocato, Rudy Giuliani, aveva chiesto la sospensione del procuratore speciale, Robert Mueller.

Ma la svolta in queste ore è tutta nelle aule di giustizia, dopo che un giudice federale ha disposto il carcere per Paul Manafort, figura centrale dell’inchiesta sul Russiagate e primo a finire in prigione. La decisione della giudice Amy Berman Jackson giunge dopo le recenti accuse mosse a Manafort, di aver tentato di inquinare le prove contattando testimoni, attraverso comunicazioni criptate.

L’ex manager della campagna di Trump era già agli arresti domiciliari, guardato a vista e con braccialetto elettronico. Ma ad aggravare la sua posizione c’erano le recenti, nuove incriminazioni per ostruzione alla giustizia avanzate da Mueller. Rimarrà in prigione fino all’inizio dei processi che lo riguardano. Uno, in Virginia, che inizierà a luglio e uno a Washington, con data d’inizio fissata per settembre.

“Molto ingiusto”, ha twittato Trump commentando la decisione. “Non credevo che Manafort fosse il capo del crimine. E Comey, e la corrotta Hillary, e tutti gli altri?”, è tuonato il presidente Usa. Poco prima ai giornalisti aveva detto di essere dispiaciuto per quanto stava accadendo a Manafort, specificando tuttavia che quest’ultimo “aveva lavorato con noi per un breve periodo soltanto”.

Ai media il presidente si è rivolto (e con intervista e conferenza stampa a sorpresa) quindi per rimarcare il suo disaccordo con il rapporto del dipartimento di Giustizia sul ‘caso Hillary’. Documento che critica sì l’operato dell’allora direttore dell’Fbi, James Comey, giudicandolo “non ortodosso”, ma che non individua faziosità politica. Trump non ci sta e se da una parte afferma che il documento lo esonera “totalmente”, dall’altra specifica: “Il risultato finale è sbagliato. C’era pregiudizio”. E ancora: per il tycoon anche l’inchiesta sul Russiagate guidato da Robert Mueller è “completamente screditata”.

Da cui i dubbi espressi dal presidente sull’utilità di parlare con Mueller, in un possibile interrogatorio del presidente Usa, di cui si vocifera da tempo, al quale il presidente dice di non volersi sottrarre. Trump fa conoscere le sue riserve: “Vorrei parlare con Mueller”, ma l’inchiesta “mi sembra essere molto faziosa”.

La furia l’aveva scatenata già Giuliani nelle ore precedenti, chiedendo la sospensione del procuratore speciale Mueller dopo il rapporto del ministero della giustizia. L’ex sindaco di New York, adesso avvocato del presidente Trump, ha chiesto anche l’arresto di Peter Strzok, l’agente Fbi che scambiò con Lisa Page – anche lei funzionaria del Bureau, nonché sua amante – sms contro Trump.

(di Anna Lisa Rapanà/ANSA)

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