“Caso Skripal, sono russi i sospetti”. Ma Londra frena

Militari con tute protettive bianche sul luogo del ritrovamento del veleno.
Militari con tute protettive sul luogo del ritrovamento del veleno. EPA/NEIL HALL

LONDRA. – I soliti sospetti. Svolta in vista, forse, con annessi rischi di nuova escalation diplomatica, sul caso dell’ex spia doppiogiochista russa Serghiei Skripal e di sua figlia Yulia, intossicati il 4 marzo a Salisbury, nel sud dell’Inghilterra, in un attacco con un micidiale agente nervino di tipo Novichok: derivato a quanto pare da una formula sperimentata a suo tempo in laboratori militari dell’ex Urss.

La polizia britannica avrebbe infatti individuato alcune persone coinvolte nel tentato avvelenamento e sembra convinta che si tratti di cittadini “russi”. L’indiscrezione arriva da un’imprecisata fonte ‘vicina’ alle indagini sentita dall’agenzia Press Association (Pa). E, sebbene tutt’altro circostanziata, lascia intravvedere qualche potenziale elemento concreto a diradare la nebbia che fin dall’inizio circonda la vicenda.

A livello ufficiale peraltro conferme non ve ne sono. Scotland Yard, impegnata in prima fila con il suo dipartimento anti-terrorismo, tace. E il governo di Theresa May – dopo aver puntato ripetutamente il dito non solo contro Mosca, ma contro “lo Stato russo” in quanto tale, coinvolgendo gli alleati occidentali in un’ondata di espulsioni senza precedenti dopo la Guerra Fredda – stavolta frena. Il viceministro dell’Interno Ben Wallace, responsabile della Sicurezza Nazionale, liquida tutto come “wild speculations”, “congetture folli”, a ruota libera, e parla di fonti “male informate”. Mentre Downing Street si trincera dietro la cautela.

Mosca da parte sua fa parlare l’ambasciatore Aleksandr Yakovenko, che non si mostra affatto impressionato. “Voglio sentire i nomi” di questi presunti sospetti “da Scotland Yard o dal Foreign Office”, è la sua sfida: “Sui media abbiamo già visto circolare moltissime versioni prive di riscontro”.

Qualche esperto di guerra chimica come Philip Ingram, ex ufficiale dell’intelligence militare di Sua Maestà (e quindi ex collega di Skripal), pare tuttavia disposto a dare un certo credito a queste voci. Voci che ai suoi occhi corroborano la pista di “un attacco professionale”. Se la fantomatica gola profonda della Pa non sarà smentita, in effetti dal cilindro dei fascicoli d’indagine potrebbero spuntare per la prima volta facce, nomi e cognomi dopo mesi di accuse e smentite sull’asse Londra-Mosca, di sospetti incrociati, di ipotesi indiziarie più o meno attendibili.

La fonte riferisce di “alcuni sospetti” individuati a Salisbury e dintorni grazie ai video di telecamere a circuito chiuso. Volti e profili poi associati all’identità di cittadini russi sbarcati di recente nel Regno, assicura. Elementi investigativi che sembrerebbero incrociarsi con l’indagine parallela per omicidio – giunta proprio oggi nelle mani di un coroner – avviata sulla morte della 44enne madre di famiglia Dawn Sturgess, contaminata 20 giorni fa anche lei con il Novichok, nella vicina Amesbury, assieme al partner Charlie Rowley.

Un episodio di sospetto danno collaterale avvenuto a tre mesi di distanza dall’attentato contro Skripal, ma conclusosi per la donna britannica senza il lieto fine della guarigione ‘miracolosa’ dell’ex spia e della figlia. A saldare la relazione fra le due vicende è del resto la medesima fonte citata dalla Pa, secondo cui i test avrebbero provato che la sostanza killer usata sia uscita da “un unico lotto”.

Solo che Dawn Sturgess sarebbe stata esposta a una quantità fino 10 volte superiore rispetto a quella assorbita dagli Skripal: probabilmente dopo essersi spruzzata sulla pelle il contenuto d’una boccetta di profumo avvelenato abbandonata in un parco.

(di Alessandro Logroscino/ANSA)

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