WASHINGTON. – Facebook lancia l’allarme sulle elezioni di metà mandato negli Stati Uniti: abbiamo scoperto falsi account il cui obiettivo è di influenzare il voto di novembre, quando gli americani andranno alle urne per rinnovare gran parte del Congresso Usa. E’ ancora presto per dire chi ci sia dietro queste interferenze, fanno sapere i vertici del social media, ma è inevitabile che i sospetti ricadano ancora una volta sul governo russo.
Del resto che Mosca pianifichi ulteriori ingerenze nel processo elettorale americano così come in Europa non è un segreto, nonostante il feeling sempre più controverso tra Donald Trump e Vladimir Putin. Le rivelazioni di Facebook – che ha individuato otto pagine, 17 profili e sette account Instagram falsi – arrivano nel giorno in cui si è aperto alle porte di Washington il primo processo dell’era del Russiagate.
Quello a Paul Manafort, l’ex capo della campagna presidenziale di Donald Trump, che ha ribadito di non voler patteggiare o collaborare con la giustizia: “Nessuna chance di un accordo”, ha ripetuto nell’aula della corte federale di Alexandria. Ora rischia oltre 100 anni di carcere per reati che vanno dalla frode bancaria all’evasione fiscale, in parte finalizzati a finanziamenti elettorali illegali.
E a settembre un nuovo processo nei suoi confronti, quello sulle presunte collusioni tra Mosca e la campagna del tycoon, in cui Manafort dovrà rispondere tra l’altro del reato di cospirazione e di quello di riciclaggio di denaro sporco.
Per Robert Mueller, il procuratore speciale che ha ereditato la titolarità delle indagini dopo che Trump cacciò James Comey dalla guida dell’Fbi, si tratta del primo vero e proprio test dopo mesi e mesi di durissime e approfondite indagini. Indagini volte ad accertare se le interferenze russe sul voto del 2016, date ormai per assodate dagli 007 e dalle autorità Usa, si sono spinte fino a a un appoggio diretto agli uomini più vicini al tycoon.
“La collusione non è un reato e comunque non c’è stata”, è tornato intanto a difendersi su Twitter il presidente americano, attaccando la sua ex rivale Hillary Clinton e i democratici per aver messo in piedi quella che ha più volte definito la più grande caccia alle streghe della storia americana.
Ma se Manafort nonostante quello che rischia giura di restare una tomba, il processo iniziato in queste ore potrebbe portare a rivelazioni molto imbarazzanti per la Casa Bianca e imprimere una nuova svolta alle indagini sul Russiagate. Anche perché tra i 35 testimoni che Mueller intende portare davanti alla giuria c’è Rick Gates, l’ex partner di Manafort e vicepresidente della campagna di Trump che per evitare il peggio ha invece deciso di patteggiare e di collaborare con gli uomini del procuratore speciale. Mentre Manafort resta agli arresti e forse spera di veder ripagata a sua fedeltà con un provvedimento di grazia da parte del presidente.
Nel dettaglio il processo apertosi in queste ore in una corte di Alexandria, alle porte della capitale federale Washington, si concentra sull’attività di Manafort come consulente dell’ex governo filo-russo in Ucraina, da cui avrebbe ricevuto oltre 60 milioni di dollari in gran parte non dichiarati all’Irs, l’agenzia delle entrate statunitense. L’ex responsabile della campagna di Trump – come svela l’Fbi – avrebbe inoltre cercato nelle ultime settimane, nonostante gli arresti, di fare pressioni su alcuni testimoni con sms e messaggi criptati.
(di Ugo Caltagirone/ANSA)