Supermartedì a rischio per Trump, Ohio in bilico

Un primo piano di Trump affiancato da Manafort
Donald Trump e Paul Manfort

WASHINGTON. – Ultima grande tornata elettorale negli Stati Uniti prima del voto di midterm a novembre per il rinnovo del Congresso: primarie in quattro stati (Kansas, Michigan, Missouri e Stato di Washington) ma soprattutto un’elezione suppletiva in Ohio per un seggio in parlamento che ancora uno volta mette lo ‘Stato chiave’ al centro dell’attenzione.

Un ‘Supermartedì’ che è un test per Donald Trump e per i repubblicani, determinati a difendere il ‘fortino’ (con la maggioranza al Congresso), quanto per i democratici, che sperano di espugnarlo nella verifica in autunno, ma fanno i conti con la lotta interna fra l’ala più progressista del partito e quella più moderata. La corsa in Ohio è serrata e una sconfitta per i repubblicani sarebbe un imbarazzo con un alto prezzo politico.

Donald Trump ha fatto la sua scelta, con l’esplicito endorsement per il repubblicano Troy Balderson -suo sostenitore del resto- che sfida il democratico Danny O’Connor. Il primo già senatore per due mandati, politico rodato quindi in una circoscrizione tradizionalmente fedele al Grand Old Party. Eppure, oggi gli equilibri non sono così certi, con il 31enne democratico O’Connor, politico locale dalla crescente popolarità, che ha già ridotto le distanze alimentando fra i democratici la speranza di strappare ai repubblicani un territorio per anni rimasto ‘rosso’ e senza dubbi. Al punto che anche una sconfitta per pochi voti sarebbe per i democratici un segnale più che positivo.

Il tycoon è intanto sceso in campo anche nelle primarie in Kansas per la scelta del candidato governatore, appoggiando Kris Kobach, noto per la sua campagna a favore di leggi elettorali più restrittive. Una mossa, quella del presidente, che ha scontentato alcuni repubblicani locali.

Sul fronte democratico poi le primarie hanno implicazioni importanti, in Kansas, Michigan e Missouri in particolare dove è in corso una battaglia fra l’ala più progressista del partito e quella più moderata. Un test elettorale a tutto campo quindi, tanto per la tenuta dell”effetto Trump’, quanto per la futura strategia dei democratici, destinato così a tracciare con maggiore chiarezza lo scenario in cui gli americani si recheranno alle urne in autunno.

Il tutto, mentre sullo sfondo resta il trambusto politico washingtoniano, spostatosi in queste ore anche in una aula di tribunale alle porte della capitale, in Virginia, dove è tornato a testimoniare per il secondo giorno consecutivo Rick Gates, l’ex braccio destro di Paul Manafort che fu manager della campagna elettorale di Trump, il quale ha ammesso di aver commesso reati mentre lavorava per Manafort, che è a sua volta sotto processo per frode per il suo lavoro in Ucraina.

Non nell’ambito dell’inchiesta sul Russiagate quindi, ma considerato un banco di prova per le indagini del procuratore speciale Robert Mueller. E Gates è ritenuto un teste chiave, da quando si è dichiarato colpevole e ha accettato di collaborare con il team di Mueller: ammissioni, confessioni e dettagli. In aula Gates è entrato nel dettaglio, anche sul furto di fondi dallo stesso Manafort gonfiando le spese e usando risorse in alcuni dei conti correnti a Cipro del suo ex boss. La maggior parte dei reati – ha aggiunto – è stata commessa sotto la direzione di Manafort, la cui liquidità a disposizione ”arrivava dalle sue consulenze politiche in Ucraina”.

(di Anna Lisa Rapanà/ANSA)

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