Nuovo conio monetario, la scommessa del governo tra incertezze e contraddizioni

CARACAS – Accolti con diffidenza dai critici del governo, con fiducia dai suoi simpatizzanti e con inquietudine dal resto delle persone. I recenti annunci del presidente della Repubblica, e l’entrata in vigore del nuovo conio monetario, hanno contribuito a creare un clima di attesa nervosa. Nel fondo, i provvedimenti principali annunciati dal governo vanno nella giusta direzione: ancoraggio della moneta e disciplina fiscale. Il primo, da qualche mese, è il “leit-motive” di alcuni economisti e politici che censurano il Governo. Il secondo, è quanto predicano tutti gli esperti in materia e quanto chiede, da sempre, il Fondo Monetario Internazionale. La disciplina fiscale è considerata la base di un’economia sana e forte.

Il problema, quindi, non sono i provvedimenti annunciati, ma il contesto in cui sono adottati, la maniera in cui si desidera applicarli e gli incaricati di osservarli scrupolosamente. Il “paquetazo” – José Guerra dixit – non è parte di un programma omogeneo, orientato a frenare l’iper-inflazione e a recuperare l’economia. E’ costituito, una volta ancora, da un insieme di provvedimenti isolati. E poi un aspetto non certo da sottovalutare è l’apparente mancanza di fiducia in chi, in primis, è chiamato a rispettarli e a farli rispettare.

Un sistema efficace

L’ancoraggio della moneta a una valuta forte è forse uno dei sistemi più efficaci per ridurre l’inflazione, è anche uno strumento per evitare che il governo possa incrementare la spesa con l’emissione di nuova moneta. In altre parole, stampando banconote. Ricorda pressappoco il “sistema aureo”, in cui il valore della moneta dipende dalla quantità di oro soggiacente. Salvo qualora si procedesse ad una svalutazione della moneta, sgradita a qualunque governo, in un regime di “sistema aureo” le economie godono dei vantaggi dei cambi fissi. Fu questa una delle scelte fatte nel corso della Conferenza di Bretton Woods del 1944.

Il sistema economico costruito allora, sulla base dei suggerimenti di Harry Dexter White e John Maynard Keynes, entrò in crisi nel 1971. Le riserve in oro degli Stati Uniti si stavano assottigliando mentre la spesa pubblica era aumentata vertiginosamente, in seguito alla guerra del Vietnam e al programma di “welfare”.  A causa dell’emissione di dollari, e al crescente indebitamento degli Stati Uniti, aumentarono le richieste di conversione delle riserve in oro. Allora, il 15 agosto del 1971, Richard Nixon annunciò la fine della convertibilità del dollaro in oro, sulla quale era stata costruita l’impalcatura finanziaria internazionale. Nel 1973 ogni legame delle monete con il dollaro fu definitivamente reciso. Il sistema aureo fu sostituito da quello dei cambi flessibili. Un sistema simile a quello “aureo” è poi riapparso nel Vecchio Continente con l’introduzione del sistema monetario europeo. In particolare, con l’emissione dell’Euro.

Riserve insufficienti

Ancorare la moneta a una valuta, quando se ne ha a sufficienza per soddisfare la domanda dell’economia, è un espediente pertinente ed accettabile. Le riserve internazionali del Venezuela, stando a quanto denunciato da economisti e studiosi, hanno raggiunto il minimo storico. Il paese non ha divise. E’ forse questa la ragione per la quale, invece di scegliere qualunque valuta forte – dall’Euro allo Yen-, il governo ha preferito il “Petro”. La debolezza consiste nel fatto che il Petro è un’unità di cambio virtuale che, pur ancorata al prezzo del paniere petrolifero venezuelano, non sembrerebbe offrire garanzie sufficienti in quanto la sua esistenza, a livello internazionale si basa essenzialmente sulla fiducia nel governo.

La Casa Bianca, con un decreto presidenziale, ha proibito qualunque transazione in “Petro” dentro e fuori gli Stati Uniti. L’Europa, anche se non l’ha dichiarato apertamente, seguirà il cammino tracciato dall’amministrazione Trump. L’India, dal canto suo, ha scartato qualunque possibilità di transazioni commerciali realizzate con il “Petro”. Russia e Cina destineranno probabilmente il “Petro” a transazioni periferiche. Il Venezuela paga in questo momento il proprio debito con Russia e Cina in petrolio. Dal canto loro, i paesi latinoamericani, eccezion fatta per gli alleati storici che poco a poco cominciano a prendere le distanze da Caracas, probabilmente scommetteranno sul fallimento del “Petro”, come hanno già fatto con il Sucre. Bisognerà attendere gli sviluppi dei prossimi mesi. Ma non è azzardato vaticinare un incremento dello spread tra il tipo di cambio ufficiale, fissato in 60 BsS per dollaro, e quello parallelo.

Una disciplina difficile

Perplessità e dubbi, inoltre, desta la capacità del governo di seguire una seria disciplina fiscale. Questa dovrebbe tradursi in una maggiore razionalità della spesa, nello sfoltimento della burocrazia statale, e nella riduzione dei “buoni” e delle “Misiones”. E’ l’impalcatura finanziaria e sociale sulla quale posa l’attendibilità dell’amministrazione Maduro. Governo e popolazione sopravvivono grazie alle ingenti somme di denaro destinate agli ammortizzatori sociali. La popolarità del governo è legata ai sussidi che direttamente o indirettamente permeano i settori più poveri della popolazione e, oggi, anche buona parte della classe media sempre più modesta.

Non si può, poi, dimenticare la contraddizione tra il riconoscimento della necessità di una severa disciplina fiscale, di una razionale riduzione delle spese e l’annuncio del sussidio all’imprenditoria piccola e media e alla benzina. Nel caso delle piccole e medie imprese, il governo ha assicurato che per tre mesi assorbirà il differenziale dell’aumento dello stipendio. Nel caso, invece della benzina, ha garantito il finanziamento diretto a chi ha il “Carnet de la Patria”. Una misura che alcuni settori dell’opposizione che non ne sono in possesso e per principio non desiderano averla, considerano un’odiosa discriminazione e una palese violazione della Costituzione, che pone l’accento sull’uguaglianza dei cittadini.

I prossimi mesi saranno di grosse tensioni politiche e sociali. L’Opposizione, seppur lacerata da incomprensioni e divisioni, ha annunciato che darà battaglia. Si prevedono tempi duri.

Mauro Bafile