Manovra: ipotesi deficit 2%, i timori di Bruxelles

Crescita: Bandiere dell'Europa al vento. Manovra

BRUXELLES. – L’eco dell’infuocato dibattito su quanto aumentare il deficit italiano arriva fino a Bruxelles, e il clima comincia a scaldarsi. Finora le rassicurazioni del ministro dell’economia Giovanni Tria – ribadite anche oggi in Parlamento – hanno tenuto il dialogo aperto su un negoziato pragmatico che potesse soddisfare entrambe le parti: la richiesta di correzione dei conti della Ue, già rivista al minimo, e l’esigenza del Governo di fare una manovra espansiva che trovi risorse per tutti i provvedimenti del contratto.

Un negoziato che parte da un dato, riassunto nella ‘linea Tria’: portare il deficit nominale non oltre l’1,6%, e puntare a non far peggiorare il saldo strutturale. Ma ora che aumenta la pressione sul ministro, e si moltiplicano le richieste di arrivare al 2% e oltre, la Commissione Ue, in attesa di vedere i ‘numeri’ messi nero su bianco, si prepara all’eventualità di un confronto più difficile e dall’esito imprevedibile.

I tecnici non negano che avrebbero preferito un’evoluzione su un terreno che avevano preparato già mesi fa, proprio in vista del nuovo Governo gialloverde. Già a maggio scorso, infatti, la Commissione aveva promosso i conti 2017 e rinviato il giudizio definitivo su quelli 2018 alla primavera 2019. Un modo per non ‘commissariare’ il Governo entrante, ma ricordandogli che la manovra 2019 doveva rispettare alcuni paletti. In particolare la riduzione del debito pubblico, che passa per la riduzione del deficit strutturale.

Tria aveva raccolto il messaggio fin dal suo insediamento, e tirato però una linea rossa: l’Italia non farà aggiustamenti troppo rigidi che comprometterebbero la crescita. A Vienna, i commissari Dombrovskis e Moscovici avevano già ‘ceduto’ sulle regole che chiedono una correzione di 0,3% per il 2018 e 0,6% per l’anno prossimo, proponendo a Tria uno sforzo minimo di 0,1%.

Il ministro lo giudicava compatibile con un deficit che sale all’1,6%-1,7%. Portando invece il deficit al 2%, quello sforzo minimo di 0,1% non sarebbe più sufficiente a tenere il debito su un percorso in discesa soddisfacente. A quel punto i toni del negoziato cambierebbero, e Bruxelles si troverebbe a novembre a giudicare una manovra in palese violazione delle regole.

In un simile caso, il Patto di stabilità prevede che la manovra sia rispedita al mittente per fare le dovute correzioni. Una mossa politicamente molto rischiosa, passibile di attacchi soprattutto da parte degli euroscettici, perché indicherebbe chiaramente i limiti della sovranità degli Stati in campo di conti pubblici. Un concetto che, a poche settimane dall’avvio della campagna elettorale per le europee, in molti preferirebbero non sottolineare.

(di Chiara De Felice/ANSA)

Lascia un commento