Brexit: Labour evoca referendum bis e rispolvera Remain

Labour evoca referendum bis e rispolvera Remain.
Labour evoca referendum bis e rispolvera Remain. Photo credit: Andrew Milligan/PA Wire

LONDRA. – Scongiurare “la disastrosa Brexit dei conservatori” e, chissà, magari rimettere in gioco anche la scommessa di poter restare nell’Ue. Torna a risuonare la parola ‘Remain’ al congresso del Labour a Liverpool, con l’approvazione plebiscitaria dell’atteso documento che include l’opzione di far campagna per un secondo referendum sul divorzio da Bruxelles – seppure in subordine rispetto alla stella polare della richiesta di nuove elezioni cara a un leader tutt’altro che euroentusiasta come Jeremy Corbyn – in caso di bocciatura finale dei risultati negoziali del governo May.

L’uomo del giorno è sir Keir Starmer – ex procuratore della corona, ministro ombra per la Brexit, nonché voce pragmatica del gabinetto Corbyn – che si conquista l’ovazione di buona parte della platea illustrando la mozione di una svolta almeno potenziale del maggiore partito d’opposizione del Regno.

Un documento di compromesso, in effetti, che dice e non dice, evocando la battaglia per lo scioglimento della Camera dei Comuni e il ritorno alle urne di fronte a un esito della trattativa Tory con i 27 segnata da un ‘no deal’ o da un’intesa di basso profilo, ma senza escludere – laddove la prima porta risultasse sbarrata – l’alternativa di un “voto popolare” bis.

Un voto che John McDonnell, cancelliere dello Scacchiere ombra ed esponente ortodosso del socialismo corbyniano, aveva cercato di ridurre ieri alla dimensione di verdetto sui “termini della Brexit”, liquidando l’idea di ridiscutere il risultato del 2016. E che secondo il medesimo Corbyn – indisponibile in un’intervista alla Bbc a rispondere a domande “per ora ipotetiche” su un altro referendum – dovrebbe comunque essere preceduto da nuove trattative con l’Unione.

Ma che Starmer, fra gli applausi dei delegati, spinge un passo più in là: notando come il testo messo ai voti oggi non tolga alcuna ipotesi da tavolo e non “escluda l’opzione Remain” laddove davvero s’arrivasse a una ripetizione della sfida di due anni fa. L’emergente magistrato prestato alla politica sembra di fatto forzare un bel po’ la posizione tenuta finora da Corbyn. Ma il consenso dell’assemblea lo rafforza, tanto più che il ‘compagno Jeremy’ ha assicurato di volersi rimettere alle decisioni dell’assise.

Del resto, almeno su un punto del contrastato dossier Brexit il Partito Laburista sembra ritrovarsi largamente unito: l’intenzione di dire ‘no’ al presumibile accordo con Bruxelles che Theresa May – ammesso che riesca a chiudere uno – dovrà sottoporre a Westminster di qui a un paio di mesi o giù di lì. Un accordo che per Starmer potrebbe passare solo se rispondesse alle “sei condizioni” fissate a suo tempo per una Brexit “ragionevole”, incluso il rispetto delle tutele dei lavoratori britannici ai livelli attuali e un irrealistico mantenimento del “pieno accesso” ai mercati europei.

Qualcosa di “sempre più improbabile”, nelle parole del ministro ombra, che martella sull’imperativo di “salvare il Paese dalla catastrofe” di un ‘no deal’ o di “un accordo vago” di divorzio dall’Europa. “La nostra preferenza – concede Starmer a Corbyn – resta per le elezioni anticipate”, precondizione per “liberarci del governo Tory”.

Ma la seconda scelta, insiste, non può che essere un referendum, e un referendum aperto a ogni esito. Sbocco su cui peraltro a dare le carte spetterà con ogni probabilità di nuovo alla zoppicante leadership di Theresa May, la cui compagine prova a tenere duro sbandierando la promessa di riportare “sotto controllo l’immigrazione” e di equiparare – a transizione post Brexit conclusa – i cittadini europei agli extracomunitari eccezion fatta per i lavoratori “qualificati”.

Una leadership ancora in grado, in fin dei conti, di sventare qualunque ricorso alle urne se la precaria maggioranza che la sostiene riuscisse in extremis a ricompattarsi miracolosamente sull’orlo del pericolo dell’implosione. E comunque di decidere, anche in caso di crisi, se piegarsi o meno all’incognita di un secondo referendum fino a oggi categoricamente rifiutata.

(di Alessandro Logroscino/ANSA)

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