Carceri: entro sei mesi Skype per colloqui detenuti

Carceri, la Cassazione vieta colloqui tipo skype
Carceri, la Cassazione vieta colloqui tipo 'skype'

ROMA. – Skype entra nelle carceri italiane e sarà lo strumento attraverso il quale i detenuti potranno avere più colloqui con i propri cari sviluppando l’affettività che è il più grande motore di cambiamento per le persone recluse. Le telefonate continueranno ad esistere ma sarà possibile anche un dialogo più intimo grazie alla telecamera.

Parola del capo del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria (Dap), Francesco Basentini che ha partecipato all’Assemblea della Conferenza dei Garanti territoriali delle persone private della libertà. Per il momento il progetto pilota è partito in tre istituti penitenziari “ed entro sei mesi – spiega il capo del Dap – saranno installati oltre 450 pc in tutte le sezioni detentive. L’obiettivo è di metterne anche di più, ovviamente non nel 41 bis. E’ stato dato l’indirizzo ai direttori di autorizzare i colloqui anche più volte a settimana – ha aggiunto – con i familiari ovviamente rispettando i protocolli di sicurezza”.

Ma non è questa l’unica novità: “Oltre a Skype verranno installati programmi come corsi di lingua, apprendimento, passatempi”, aggiunge. Basentini, da poco nominato, delinea la sua idea di carcere e lo fa anche facendo un annuncio che i garanti aspettavano da tempo: “Il direttore generale del personale mi ha garantito che per mercoledì prossimo verrà pubblicato il provvedimento di nomina di oltre 250 direttori”.

Oltre a questo, il capo del Dap ha chiesto “1.300 assunzioni straordinarie tra agenti di polizia penitenziaria e ruoli tecnici al ministro all’interno di un pacchetto del decreto sicurezza che dovrà essere approvato dalle Camere”.

E quando i garanti hanno rappresentato la necessità di prevedere percorsi lavorativi fuori dal carcere, Basentini ha annunciato di aver fatto una proposta “un po’ provocatoria al Ministero della Giustizia: “La giustizia può essere datore di lavoro per i detenuti, penso ad esempio alla pulizia dei tribunali. Si potrebbe pensare che nell’ambito degli appalti pubblici che vengano affidate alle ditte una quota potrebbe essere riservata ai detenuti”.

Tra i temi delicati affrontati, anche quello delle mamme in carcere con i propri figli, soprattutto dopo il caso della donna che ha ucciso i due figli a Rebibbia: “Bisogna cercare di coinvolgere un organismo che dovrebbe essere presente nelle situazioni come quella. Quando la detenuta è una mamma con bambini – e poi possiamo anche riflettere sul fatto se è veramente necessario che quella madre sia davvero in carcere – manca un partner necessario, il Tribunale per i minorenni che dovrebbe fare una valutazione: è quella detenuta veramente capace e ha tutti i numeri per mantenere la potestà genitoriale o si può pensare a un affidamento temporaneo? L’esempio di Roma ci deve far riflettere”.

(di Simona Tagliaventi/ANSA)

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