L’Italia in vendita, da Candy a Magneti Marelli via un altro marchio

L'entrata dello stabilimento Magneti Marelli.
L'entrata dello stabilimento Magneti Marelli. (ANSA)

MILANO. – Magneti Marelli è solo l’ultimo caso: l’industria italiana perde pezzi e sempre più spesso è terra di conquista per acquirenti esteri. Solo di recente alcuni grandi marchi – Candy, Versace o iGuzzini – sono finiti in mani straniere. Dopo la morte di Wanda Ferragamo circolano con maggiore insistenza le voci che l’azienda fiorentina delle calzature di lusso possa essere ceduta.

Ma ci sono anche grandi gruppi italiani che all’estero non vanno per delocalizzare, ma per investire: Lavazza ha appena siglato un accordo per comprare il business di Mars Drinks, Ferrero ha speso 2,8 miliardi di dollari per prendersi i dolcetti americani della Nestlè. Abertis, il colosso delle infrastrutture spagnolo, è entrata nella galassia di Atlantia. Luxottica si è sposata coi francesi di Essilor, ma Del Vecchio resterà il socio di maggior peso.

Prysmian ha preso l’americana General Cable. Fincantieri attende il via libera dalle autorità antitrust per il passaggio del controllo dei cantieri navali francesi di Stx. Perché nell’economia globalizzata, digitalizzata e del commercio online servono risorse per crescere, che solo i gruppi di grandi dimensioni hanno. Così l’Italia della piccola impresa , orfana di grandi gruppi aggregatori, diventa più facilmente preda.

A guardarlo l’elenco dei ‘caduti’ è doloroso e trasversale ai settori: di recente, appunto, iGuzzini ha siglato un accordo per passare all’illuminazione svedese di Fagerhult, Versace è andata agli americani di Michael Kors e Candy ai cinesi di Haier. Ma c’è anche la farmaceutica di Recordati passata al fondo Cvc Capital Partners.

La telefonia è tutta in mani straniere, con Tim che ha i francesi di Vivendi al 24%. Pirelli parla cinese con ChemChina, Parmalat francese con Lactalis. La moda italiana si è fatta sfilare nomi di peso come Gucci (ai francesi di Kering) o Bulgari, Loro Piana, Pucci (a Lvmh) o Valentino (ai qatarioti di Mayhoola). L’energia di Edison è dei francesi di Edf. Il gioiello del risparmio gestito Pioneer è passato da Unicredit alla francese Amundi.

Vedere però il problema solo dalla prospettiva del campanile rischia (forse) di far perdere la visione d’insieme. Emblematico allora può essere il caso di Wp-Lavori in Corso, che ha annunciato di aver ceduto la sua partecipazione in Woolrich international.

La società bolognese (ma con base a Londra) due anni fa si era comperata la storica azienda statunitense che produce abbigliamento dell’outdoor. In due anni l’ha tirata a lucido per poi rivenderla oggi al fondo lussemburghese di L-Gam e ai giapponesi di Goldwin. Tutto per mettere a disposizione della società ‘benzina’ per crescere.

Un altro caso simbolo è quello di Yoox, che in soli 18 anni ha rivoluzionato il commercio online della moda. Inventata nel 2000 da Federico Marchetti, nel 2015 si è fusa con la britannica Net-à-Porter, e solo a gennaio è stata comperata dal colosso svizzero Richemont, proprietario tra l’altro degli orologi Cartier e delle penne Montblanc. Anche in questo caso l’aggregazione mirava a mettere disposizione di una macchina brillante più ‘benzina’ per correre sempre più veloce nel sempre più competitivo mercato mondiale globalizzato dell’e-commerce.

(di Giorgia Bentivogli/ANSA)

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