Il controllo delle mafie su scommesse online, 68 arresti

Guardia di Finanza.
Guardia di Finanza.

ROMA. – Un mouse e un server in un paradiso fiscale al posto di coppola e lupara, ingegneri e tecnici informatici al posto dei picciotti, perché quello che conta non è saper sparare ma muovere i soldi da una parte all’altra del mondo senza lasciare traccia. L’indagine di tre procure coordinata dalla Direzione nazionale Antimafia sulla spartizione del mercato delle scommesse on line da parte delle mafie, conferma come queste si siano definitivamente evolute e siano entrate in quella che inquirenti ed investigatori definiscono la “nuova dimensione del crimine organizzato”, dove con poco rischio si ottengono guadagni enormi.

Il blitz che ha portato all’esecuzioni di misure cautelari nei confronti di 68 persone e al sequestro di beni, società e disponibilità finanziarie per oltre un miliardo è dunque solo l’inizio di una battaglia che lo Stato rischia di perdere se non mette in campo le contromisure necessarie. “Mancano forme di controllo e vigilanza adeguate – è l’allarme lanciato non a caso dal procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho – Se la politica non presta attenzione a questi aspetti l’Italia non sarà in grado di decollare, l’economia sana e pulita continuerà ad essere infiltrata e il sud continuerà ad essere la zavorra dell’economia del paese”.

Dei 68 provvedimenti, 28 sono stati eseguiti dalla procura di Catania (con la chiusura di 46 agenzie di scommesse) e riguardano esponenti del clan Cappello e Santapaola-Ercolano, 22 da quella di Bari, che ha sequestrato quasi 200 milioni e 18 da quella di Reggio Calabria, che ha invece effettuato sequestri per oltre 700 milioni.

Il quadro complessivo che emerge è quello di un accordo tra le organizzazioni per gestire il mercato delle scommesse e dei punti vendita, ottenendo così un doppio vantaggio: riciclare fiumi di denaro e reinvestirli in attività pulite; controllare, attraverso i punti vendita, il territorio e ottenere consenso dando lavoro alla gente senza violenze, intimidazioni e sparatorie.

Dietro l’organizzazione in Calabria c’erano, dicono gli investigatori, i rampolli dei boss della ‘ndrangheta: Danilo Iannì, Domenico Tegano, Francesco Franco. Erano loro che sui social ostentavano Rolex e Ferrari, cene a base di caviale e champagne, soggiorni in hotel di lusso e pacchi di banconote da 500 euro. A Bari si muoveva invece, sostengono sempre gli inquirenti, una “multinazionale delle scommesse” che movimentava miliardi tra le Isole Vergini, Curacao e le Seychelles.

Dietro c’era il figlio cantante del boss barese Savinuccio Parisi e soprattutto Vito Martiradonna, cassiere del clan Capriati soprannominato ‘Vitin l’Enèl’, un nome che compare nelle più importanti indagini sulla mafia barese. Gli investigatori lo filmano mentre si incontra con un agente dell’Aisi per avere, dice il gip, notizie sulle indagini in corso.

Ma soprattutto lo sentono spiegare al telefono come si muove la nuova mafia. “Io cerco i nuovi adepti nelle migliori università mondiali e tu vai ancora alla ricerca di quattro scemi in mezzo alla strada che vanno a fare: ‘bam bam!’ – dice ridendo al suo interlocutore – Io invece cerco quelli che fanno: ‘pin pin!!’. Che cliccano, quelli che cliccano e movimentano. E’ tutta una questione di indice, capito?”.

Parole che investigatori e inquirenti fanno loro per lanciare l’allarme. “L’indice – sottolinea De Raho – non serve più per sparare ma per movimentare denaro in settori che non ne consentono la tracciabilità”. “La nuova frontiera – aggiunge il capo dello Scico della Gdf, Alessandro Barbera – sono i clic sui computer, non le pistole”.

Anche perché si rischia molto meno: “le pene sono irrisorie rispetto alla gravità del problema – spiega il procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro – questo per le mafie è il campo del futuro, un settore privilegiato”. Per far capire di cosa si parla, gli investigatori citano a mezza bocca un dato: il mercato della droga muove ogni anno 20-30 miliardi. Quello delle scommesse, legali e illegali, oltre 100.

(di Matteo Guidelli/ANSA)

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