Colpo di grazia Trump a May: “Accordo su Brexit non va”

Theresa May durante la trattativa della Brexit con l'Ue.
Theresa May durante la trattativa della Brexit con l'Ue.

LONDRA.- Schiocca come un colpo di grazia alla testa di Theresa May, o quasi, la sparata di queste ore di Donald Trump contro l’accordo sulla Brexit sottoscritto con Bruxelles domenica dalla premier di Sua Maestà. Accordo atteso fra non più di due settimane da un voto di ratifica a Westminster che oggi pare ai limiti dell’impossibile.

L’ennesimo sgarbo del presidente americano all’alleata britannica è tutto in un paio di frasette assestate di straforo sull’intesa: “Un buon accordo solo per l’Ue”, taglia corto, non senza sottolineare che le clausole del testo potrebbero impedire a Londra di chiudere dopo il divorzio dai 27 un trattato di libero scambio bilaterale privilegiato con Washington.

Una tegola che proprio non ci voleva a Downing Street, mentre la premier Tory si affanna in un tour fra le nazioni del Regno (in Galles e poi in Irlanda del Nord) per tentare di strappare consensi nell’opinione pubblica (e nel business), prima della sfida parlamentare ‘o la va o la spacca’ dell’11 dicembre, fra venti di rivolta che non cessano di soffiare.

Per metterci una pezza, rimbalzano le parole d’un portavoce e quindi quelle di May in persona, che di fatto mira a smentire Trump. La dichiarazione politica sulle relazioni post Brexit con l’Ue “indica chiaramente che noi avremo una politica commerciale indipendente e saremo in grado di negoziare trattati di libero scambio con altri Paesi nel mondo”, replica la signora primo ministro. “E quanto agli Usa, stiamo già trattando sul tipo di accordo che potremo avere con loro in futuro” attraverso il lavoro di un comitato tecnico congiunto che “sinora si è riunito 5 volte”, puntualizza contenendo a stento l’irritazione.

Il danno però sembra fatto. A cogliere la palla al balzo è l’ex ministro della Difesa Michael Fallon, silurato l’anno scorso per sospetti di avances sessuali improprie e unitosi fra gli ultimi alla schiera composita dei Conservatori dissidenti col fiuto dell’appartchik di lungo corso. Il verdetto di Trump sulle conseguenze dell’accordo di Bruxelles “sulle relazioni transatlantiche non va semplicemente liquidato con un colpo di spazzola”, commenta dai microfoni della Bbc. Aggiungendo di aver “paura” che quell’intesa sia destinata a lasciare la Gran Bretagna “con il peggio dei due mondi” e che – salvo miracoli – sia ormai “condannata” alla Camera dei Comuni.

Fallon mette sul tavolo l’alternativa d’un ipotetico rinvio della Brexit di “2 o 3 mesi” rispetto alla data prevista del 29 marzo, ritenendola ancora possibile per provare a “negoziare un accordo migliore” a dispetto del fatto che May e Jean-Claude Juncker neghino ufficialmente la prospettiva di qualunque revisione delle carte.

Una convinzione, quella di poter riaprire i giochi, condivisa del resto un po’ da tutti i lati del fronte anti-May: dai falchi Tory brexiteers che secondo il Times potrebbero far retromarcia e concedere la ratifica solo se la premier s’impegnasse a farsi da parte subito dopo la fine di marzo; sino al leader laburista Jeremy Corbyn, pronto raccogliere la sfida della premier per un dibattito “faccia a faccia” in tv; o a quei segmenti delle opposizioni che non rinunciano a credere a un referendum bis. In un clima nel quale pure gli economisti sembrano darsi battaglia: divisi fra chi, come i ricercatori del King’s College di Londra e dell’Institute for Fiscal Studies stimano una contrazione dell’economia britannica fino al 5,5% nei prossimi 10 anni, se andrà in porto la Brexit di Theresa May; e il premio Nobel americano Michael Spence che, da Padova, bolla come esagerato persino il pronostico di un -4% di Pil.

(di Alessandro Logroscino/ANSA)

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