Xi minaccia la forza contro Taiwan: “C’è una sola Cina”

Il Presidente cinese Xi Jinping. Cina
Il Presidente cinese Xi Jinping. EPA/CHRIS RATCLIFFE / POOL

ROMA. – La riunificazione tra Cina e Taiwan è “inevitabile”, al contrario l’indipendenza dell’isola è un “vicolo cieco”. Il presidente Xi Jinping ha ribadito ancora un volta un concetto cardine della dottrina politica del colosso asiatico. Avvertendo che questo obiettivo sarà raggiunto con ogni mezzo, anche con la forza, se necessario.

L’occasione è stata un discorso a 40 anni dal riavvio delle relazioni tra Pechino e Taiwan, che si autogoverna dal ’49, quando i nazionalisti cinesi fuggirono dal continente mentre Mao Zedong instaurava il regime comunista. Xi ha adottato una retorica meno aggressiva rispetto al passato, in cui evocava “battaglie sanguinose” per proteggere “ogni centimetro della nostra terra”. Anzi, ha assicurato che la riunificazione proteggerà i “beni privati, le religioni ed i diritti legittimi del popolo taiwanese”. Per convincere gli abitanti dell’isola, preoccupati dall’abbraccio mortale di un regime autoritario, ha promesso che godranno anche loro della crescita della ‘madre-patria’.

La sostanza dell’indirizzo di Pechino, però, non è cambiata. La riunificazione resta “un requisito inevitabile per il grande ringiovanimento del popolo cinese” e “l’indipendenza porterebbe soltanto disagi ai taiwanesi”, ha sostenuto Xi. Che “si riserva la possibilità di intraprendere tutte le misure necessarie” contro le forze separatiste, interne ed esterne. Un monito anche agli Usa, che con Taiwan hanno stretti legami, per contenere l’influenza di Pechino nel Pacifico.

L’invasione dell’isola, al di là delle minacce verbali, è una strada che Xi vuole evitare di percorrere, per le conseguenze destabilizzanti a livello internazionale. Per questo punta alla soluzione ‘Un paese, due sistemi’ come a Hong Kong, che nel ’97 è passata dalla sovranità britannica a quella cinese, mantenendo un sistema economico aperto e una forma, seppur limitata, di democrazia. Tuttavia, negli ultimi anni, Pechino ha ristretto la morsa, mandando in carcere importanti figure pro-democrazia e limitando le libertà politiche e della stampa.

A Taipei si teme proprio un’autonomia mascherata che consenta ai cinesi di erodere lentamente le basi della convivenza nell’isola. La presidente Tsai Ing-wen ha invitato Pechino ad “affrontare la realtà dell’esistenza della Repubblica di Cina”, nome ufficiale di Taiwan. Ed ha invocato il “rispetto per la volontà di 23 milioni di persone che hanno scelto di vivere in libertà e democrazia”.

La stessa Tsai, però, ha appena subito una schiacciante sconfitta alle elezioni regionali, che l’ha costretta a dimettersi dalla leadership del suo partito, storicamente indipendentista. Tra l’altro, è stata respinta la proposta che l’isola partecipasse agli eventi sportivi internazionali come “Taiwan”, invece che come “Taipei cinese”. Questo voto è un segnale che Xi Jinping una breccia l’ha aperta. E con le straordinarie leve economiche, militari e politiche di cui dispone, incluso un cyber-arsenale per influenzare le elezioni locali, il leader cinese più potente dai tempi di Mao può condurre la nave in porto. Prima o poi.

(di Luca Mirone/ANSA)

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