La “questione venezuelana” al centro del colloquio Duque-Pompeo

CARTAGENA – Il Segretario di Stato americano Mike Pompeo ha incontrato il presidente colombiano Ivan Duque nella splendida città balneare colombiana. Lo spirito amichevole si é subito mostrato nei lunghi sorrisi e nelle benevole parole da ambo le parti. Le principali questioni affrontate da Pompeo e Duque sono state: la lotta alla droga, i progressi nel processo di pace con le Farc e le relazioni commerciali tra le due nazioni. In particolare, si sono soffermati su come aiutare i venezuelani che fuggono dalla crisi e, soprattutto, su come ripristinare la democrazia in Venezuela, paese con il quale la Colombia condivide un largo confine orientale.

“Continuiamo a lavorare con la Colombia, fianco a fianco, per raggiungere l’obiettivo di ridurre la produzione di coca del 50% entro il 2023,”. Dichiarazione secca quella di Pompeo che mostra il chiaro obiettivo statunitense di ridurre la produzione nella nazione sudamericana così come è avvenuta una  riduzione dei consumi negli Stati Uniti. Il capo della diplomazia statunitense, che è arrivato a Cartagena da Brasilia, dove ha partecipato alla cerimonia di giuramento del Presidente Jair Bolsonaro, è da subito sembrato molto fiducioso e ben disposto nei confronti del Presidente colombiano.

Duque e Pompeo hanno confessato che la “questione venezuelana” ha occupato uno spazio significante della loro riunione di circa un’ora. Momenti simili sono più una dimostrazione d’intenti o di condivisione di “roadmap” verso obiettivi comuni e che quindi rappresentano occasioni molto importanti per delineare le strategie politiche e organizzative future di ambo le nazioni.

Pompeo ha elogiato gli sforzi della Colombia per sostenere il milione circa di venezuelani che vivono nel paese e che sono fuggiti dalla crisi causata dal governo “illiberale” di Maduro. Il flusso costante di rifugiati venezuelani è in continua crescita creando una pressione sempre meno sostenibile sui confini della Colombia.

I colloqui si sono concentrati su “come lavorare assieme a livello regionale per aiutare chi fugge dal Venezuela e riportare il Venezuela per il cammino democratico”, ha detto il Segretario di Stato americano, non rinunciando quindi a dare allo scottante argomento un piano di “urgenza”. Ne è d’altronde riprova l’ingente flusso di finanziamenti stanziati fino ad oggi: 92 milioni di dollari di cui 55 destinati agli aiuti umanitari e 37 a quelli di carattere economico.

Gli Stati Uniti, l’Europa e diverse nazioni latinoamericane, tra cui i 14 paesi che compongono il cosiddetto “Grupo de Lima”, hanno ignorato la rielezione del presidente Nicolás Maduro che considerano illegittima poiché, sostengono, sia avvenuta senza le necessarie garanzie di trasparenza e libertà. Dal 10 gennaio Maduro governerà per altri sei anni.

Va sottolineato come da parte venezuelana le tensioni con gli USA siano all’ordine del giorno da anni. Caracas ha definito “atteggiamento interventista” le dichiarazioni di Pompeo, che effettivamente non ha limitato i suoi commenti e ha chiaramente esposto gli Stati Uniti a un’ulteriore fronte da braccio di ferro con il Venezuela.

Il Venezuela ha accusato Pompeo di “emettere ordini diretti a governi subordinati a Washington, con l’obiettivo di intensificare le loro aggressioni contro il popolo venezuelano, con lo scopo di cercare un cambiamento di regime con la forza”.

Nel breve, il Venezuela ha anche respinto la “palese e ripetuta interferenza” del governo di Donald Trump “negli affari interni” del Venezuela.

D’altro canto la posizione di Trump è più che mai chiara ponendo il Venezuela addirittura al di sotto della Corea del Nord nel livello di pericolosità. Basta ricordare come martedì scorso a Brasilia, Pompeo ha sollevato “la necessità di aumentare la pressione” su Maduro, secondo il Ministero degli Esteri venezuelano, posizione che non è comunque nuova al governo nord americano, da sempre impegnato a esser il promotore del processo democratico in Sud America, seppur storicamente con scarso successo.

Le relazioni USA-Venezuela sono tese da anni. I due paesi non si sono scambiati ambasciatori dal 2010 e le sanzioni Statunitensi stanno sempre più soffocando un paese dove i beni di prima necessità mancano e l’acceso ai medicinali è sempre più scarso. Secondo le stime delle Nazioni Unite, circa 2,3 milioni di venezolani hanno lasciato il loro paese dal 2015. Il flusso verso Spagna e Italia, paesi dei quali molti venezuelani possedevano il passaporto, ha spinto l’Europa a porre sempre più attenzione alla “questione” venezuelana.

Duque, da parte sua, ha concordato con Pompeo che “tutti i paesi che difendono la democrazia” dovrebbero unirsi per “ripudiare il governo del Venezuela”.

Il presidente della Colombia, in chiusura d’incontro, ha voluto rringraziare apertamente gli Stati Uniti per il sostegno dato allo smantellamento delle reti della criminalità organizzata e per aver sostenuto l’idea di “costruire la pace” in Colombia con “legalità, con giustizia”, senza dimenticare la necessità di rafforzare le relazioni commerciali tra i due paesi come “un modo per eliminare la povertà e dare migliori opportunità” ai colombiani.

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