Civiltà Cattolica: “Popolari non populisti, sette parole sulla politica”

La copertina del primo numero del 2019 di La Civiltà Cattolica.
La copertina del primo numero del 2019 di La Civiltà Cattolica.

ROMA. – “Tornare a essere popolari”. Sul primo numero di Civiltà Cattolica del 2019 padre Antonio Spadaro traccia un manifesto per un rinnovato impegno politico, in particolare del mondo cattolico. L’invito del direttore della rivista dei Gesuiti è a “reagire”. Una reazione, spiega, alla quale possiamo dar forma considerando appunto “sette parole”.

La prima è “paura”. “Instillare la paura del caos è divenuta una strategia per il successo politico – spiega Spadaro -: si innalzano i toni della conflittualità, si esagera il disordine, si agitano gli animi della gente con la proiezione di scenari inquietanti (…) La riflessione politica sarà irrilevante se non entra in contatto con le paure dei nostri contemporanei che sono attratti dalla cultura fondamentalista”.

La seconda parola è “ordine”. “I rapporti tra Europa, Stati Uniti, Russia e Cina sono in ebollizione… alla ricerca di un nuovo ordine mondiale che attualmente pare solo un gran disordine – osserva Civiltà Cattolica -. Più che mai il disordine reclama anche una solida collocazione internazionale dell’Italia e un’attiva politica estera specialmente nel Mediterraneo, punto di incontro di Europa, Africa e Asia. Forse occorre evocare un ‘nuovo ordine mediterraneo'”.

Quindi “migrazioni”: “I flussi migratori siano una delle priorità dell’Unione Europea dei prossimi anni, perché le migrazioni oggi rischiano di essere il grimaldello per far saltare l’Europa. Non sfuggono a nessuno le conseguenze del rimescolamento delle identità tradizionali e lo spaesamento che esso provoca. Bisogna affrontarlo con discernimento. Occorre non tradire mai i valori di fondo dell’umanità, ma metterli in pratica tenendo conto della situazione in cui si opera. Concretamente: è necessario lavorare all’integrazione”.

Quarta parola, “popolo”. “Attenzione – avverte Spadaro -, perché quando la comunità etnica si pone al di sopra della persona, secondo Jacques Maritain, non vi è più alcun baluardo al totalitarismo politico. Le tradizioni antiliberali costituiscono ponti ideologici per le attuali alleanze tra cristianesimo e forme aggressive di populismo”. Secondo Civiltà Cattolica, “il rischio oggi per la Chiesa è altissimo: l’appartenere senza credere. E questo trasformerebbe la religione in ideologia: sarebbe la morte della fede”. Ma “non possiamo ridurre la questione del popolo a ‘populismo’”: “la verità è che molte persone si avvicinano ai partiti populisti o alle sette fondamentaliste perché si sentono lasciate indietro”.

Così “la questione centrale oggi è quella della democrazia” – quinta parola -, mentre “emerge anche in Europa l’ossimoro di democrazie che possono morire per mani di leader eletti democraticamente. Si è incrinata la fiducia nei sistemi democratico-liberali. Si ha perfino simpatia per una certa improvvisazione democratica che dà almeno il senso di appartenenza”, riflette Spadaro, ma c’è “anche una sfida da accogliere. Non possiamo far finta che la rete non esista e dobbiamo prendere atto che il consenso si forma anche nell’ambiente digitale”, ma “come fare a vivere la rete come forma di partecipazione democratica senza cadere in scorciatoie demagogiche?”.

Ultime parole “partecipazione” (“senza la democrazia si atrofizza, diventa una formalità, perché lascia fuori il popolo nella costruzione del suo destino”) e “lavoro” (“terra, casa e lavoro sono le cose fondamentali che danno dignità a una vita umana, rendono possibile la famiglia e permettono lo sviluppo umano integrale”). Per “reagire”, dunque, conclude Spadaro, occorre prima di tutto riconnettersi con la società civile, con i “ceti popolari”, ricostruire la relazione naturale con il popolo. “Questa la parola: riconnettersi. Insomma, bisogna tornare a essere ‘popolari'”.

(di Fausto Gasparroni/ANSA)

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