IIC-Madrid e il “laboratorio” creativo di Matteo Marchesi

MADRID – L’ intercambio di artisti è sempre più il marchio di fabbrica del Teatro del Canal. La collaborazione con l’Istituto Italiano di Cultura di Madrid e il CSC – Centro per la Scena Contemporanea Bassano del Grappa – han permesso la realizzazione di un importante laboratorio. L’opera del ballerino italiano Matteo Marchesi e la presentazione del suo processo creativo saranno il culmine di questa collaborazione.

Bergamasco di origine, ma ormai cittadino del mondo, Marchesi si laurea in danza moderna e contemporanea all’Aloysius Aloysius Dance Academy (Milano). Nel corso della sua breve carriera, vanta già un ricco ventaglio di collaborazioni rilevanti nel mondo della danza. Sviluppa la sua formazione e ricerca sul movimento con coreografi e performer come Keren Rosenberg, Yaniv Abraham (Batsheva), Roberta Mosca. Tilmann O’Donnel, David Kern (The Forsythe Company), Ivan Perez, Marina Mascarell (NDT), Roberto Zappalà (ZDC), Carolyn Carlson. Ha lavorato come performer sotto la direzione di Riccardo Buscarini (The Place – Londra 2014) Silvia Gribaudi (Zebra Company, Venezia 2017/2019), Cora Kroese (C-scope, The Netherlands 2014/2017), Giovanna Belloni/ Dejà Donnè (2018) e le compagnie Junk Ensamble (Dublin 2014) DNA (Bologna, 2014/2017).

“BOB” è la sua ultima fatica, dove concentra la sua ricerca artistica come base per una riscoperta della presenza. Questa non solo come strumento della scena ma come mezzo di supporto al cambiamento e alla relazione, scoprendo la volontà di offrire al pubblico l’unicità degli individui in scena che trovano il loro spazio attraverso contesti complessi. Rinchiude all’ interno di questo ampio processo creativo una serie di elementi che per quanto distanti tra loro trovano ognuno il proprio giusto incastro. I laboratori e le opere con le comunità territoriali sono parte integrante del processo artistico, e offrono visioni sincere e contemporanee nell’espressione dei bisogni, della sopravvivenza, della vitalità e della percezione della realtà a cui siamo legati.

Parte fondante dello spettacolo è la messa in evidenza di una creatura sospesa nel buio. Troppo spesso queste storie sono confinate, recluse quasi abbandonate. Lo spettacolo vuole mettere in discussione le differenze di una serie di possibili discipline umanistiche e sfida la possibilità di essere felici in un luogo di disagio in cui vivono sia l’esecutore che il pubblico. Il lavoro svolto negli ultimi dieci anni ha portato Marchesi a lavorare a stretto contatto con a persone affette da malattia di Alzheimer, autismo, bambini e comunità locali nelle zone di confine. Questo ha favorito una maturazione artistica e a una comprensione dell’altro che bene si riflette nella sua opera. L’indagine è iniziata con due foto di Matteo Marchesi (interprete) e Lucio Guarinoni (drammaturgo) nella loro infanzia: due quadri con una vecchia rilegatura, dove i due soggetti giocano con il trucco e i costumi oltre i confini del comune, della normalità.

L’indagine si spinge poi a fondo, vertendo il centro sul gioco e le paure dell’infanzia, la violenza e il desiderio sono così emozioni essenziali e matrici per superare i confini, la diversità e la crescita dell’individuo, che trasforma costantemente la nostra immagine.

Michele Alberighi (Redazione Madrid)

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