La base della Lega in pressing: controllo governo o voto

Bandiere della Lega Nord al vento
Bandiere della Lega Nord.

ROMA. – Parlare al mondo produttivo, al Nord Est che è stato la culla della Lega e ora fatica a riconoscersi in un governo col M5s. Da lì viene il pressing per rompere, da lì la richiesta di avere subito autonomia, Tav e pure la flat tax. E’ loro che prova a rassicurare Matteo Salvini, portando in Consiglio dei ministri le intese per l’autonomia regionale e tornando a battere sul tasto della riduzione delle tasse.

Da lì vengono le istanze che Giancarlo Giorgetti raccoglie, quando si espone a mettere in discussione il ruolo di Giuseppe Conte e dire che “la situazione non può durare in eterno” col M5s. L’obiettivo è avvicinarsi al 30% e staccare il più possibile il partito di Di Maio, per poi avere la forza di dettare legge nel governo e infrangere tutti i no pentastellati. Questa, riferisce più di un dirigente, la strategia di Salvini.

La crisi di governo, assicurano, è un’extrema ratio, nonostante la richiesta sia sempre più pressante. Il leader non la sbandiera, in un finale di campagna elettorale che vorrebbe dai toni più pacati. Ma non la esclude, aggiungono le stesse fonti. Bisogna prima vedere come andrà il voto, quanto otterranno non solo i Cinque stelle ma anche Forza Italia, per valutare il rispettivo peso e i margini di azione leghisti.

Se dopo sarà possibile avere la golden share nel governo senza rompere, bene: Salvini continuerà ad essere “leale”. Altrimenti si valuterà quel voto che a Salvini informalmente più di un dirigente chiede da tempo. Non solo Giorgetti, anche Luca Zaia si è mostrato spazientito per le frenate sull’Autonomia e Attilio Fontana irritato per gli attacchi pentastellati per le inchieste lombarde.

L’insofferenza della base tradizionale della Lega viene raccontata dai parlamentari ed emerge tra le righe delle interviste di ministri e governatori. “Se sentiste quello che dicono i nostri militanti dei Cinque stelle…”, sibila un dirigente lombardo.

Nelle ultime settimane i malumori sono alimentati dal timore di scendere nei sondaggi e fermarsi sotto il 30% che alla vigilia sembrava un’asticella facile da scavalcare. Paradossalmente a impensierire è la roccaforte lombardo-veneta più di regioni come la rossa Emilia Romagna, dove la Lega prevede di brillare. In Piemonte la guardia si tiene alta. Salvini ostenta tranquillità, i suoi parlamentari pure: non crediamo ai sondaggi, nel bene o nel male, dicono citando il loro leader.

Ma fino a domenica si batterà sulla riduzione delle tasse e l’evocazione del modello Trump: il reddito di cittadinanza viene derubricato a misura “tampone”. La Tav, è il mantra, si sta facendo e si dovrà fare. Se così non sarà, “ognuno a casa sua, senza polemica”, dice Giorgetti. Salvini per ora no. Ma il messaggio alla base arriva.

(di Serenella Mattera/ANSA)

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