Tutti chiamano Mattarella, ma il Colle aspetta chiarezza

Il presidente Sergio Mattarella nel suo studio al Quirinale.
Il presidente Sergio Mattarella nel suo studio al Quirinale. (Foto Ufficio Stampa Quirinale)

ROMA. – Chiarezza e responsabilità: è quanto si aspetta il Quirinale nelle prossime giornate se domani veramente si formalizzerà l’apertura della crisi. In una giornata dominata dalla paura e dal tatticismo, tutte le forze politiche già si appellano alla saggezza del capo dello Stato e, sostanzialmente, lo tirano per la giacchetta quasi immaginando che abbia capacità taumaturgiche.

Ma non sarà un prodigio a risolvere questa complicatissima crisi agostana e tantomeno sarà Sergio Mattarella a strabiliare gli indecisi con giochi di prestigio. Il presidente aspetta e si informa attraverso numerosi contatti riservati. La sua entrata in gioco potrebbe avvenire già domani se il premier formalizzerà le sue dimissioni.

Inevitabile un primo giro di consultazioni che sarà però determinante per stanare paure, dubbi e veti incrociati delle forze politiche. La liturgia delle consultazioni è – al contrario di quanto spesso si immagina – assai semplice ed efficace. Non è certo in questa fase che il capo dello Stato prende le redini del gioco. Si limita a fare domande e ad ascoltare.

Le forze politiche vengono chiamate nello studio “alla vetrata” in rapida successione in base alla rappresentanza parlamentare e il segretario generale del Quirinale prende nota. Facciamo l’esempio della rappresentanza più ampia, quella pentastellata: “Considerate finita l’esperienza di governo con la Lega?”, potrebbe essere la prima domanda di Mattarella. Non si può rispondere che con un sì o con un no.

“Pensate che ci sia spazio per una nuova maggioranza di governo?”, la seconda. Anche qui sarà difficile evitare un sì o un no. Domande che poi saranno ripetute alla seconda forza politica dell’attuale Parlamento, cioè il Pd. Se l’incrocio darà risposte congruenti – per esempio sulla volontà di tentare una nuova maggioranza – il capo dello Stato darà modo e tempo per allargare lo spiraglio.

Certamente non concederà gli oltre tre mesi che regalò a Lega e Cinque stelle dopo le elezioni del 4 marzo 2018. L’ipotesi di elezioni anticipate è ben riposta nel cassetto quirinalizio.

Insomma oggi è tutta tattica in attesa del discorso di Giuseppe Conte che in queste ore sta riservatamente limando toni e parole. La tempistica del percorso complessivo è altamente imprevedibile. Meglio ragionare giorno per giorno.

Domani, primo snodo fondamentale, si partirà con la Conferenza dei Capigruppo alle 14.30 per stabilire tempi e modalità del dibattito successivo alle comunicazioni del presidente del Consiglio. Sarà in questa occasione che si capirà se e quali risoluzioni sono state presentate dai partiti.

Dopo l’intervento del premier, comincerà il dibattito e si potrebbe arrivare al voto sulle risoluzioni. Non si tratta di un voto di fiducia, a meno che il premier stesso non la ponga, ma sarebbe un forte segnale politico. Conte – ed è l’ipotesi più probabile – potrebbe giocare d’anticipo sul voto ed annunciare la sua intenzione di salire al Quirinale per dimettersi bloccando di fatto i lavori del Parlamento.

(Di Fabrizio Finzi/ANSA)

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