M5s: “Priorità taglio onorevoli”. E si pensa a Legge elettorale

Il capo politico del M5s Luigi Di Maio con Stefano Patuanelli e Francesco Silvestri, dopo le consultazioni con il Primo Ministro incaricato, Giuseppe Conte.
Il capo politico del M5s Luigi Di Maio con Stefano Patuanelli e Francesco Silvestri, dopo le consultazioni con il Primo Ministro incaricato, Giuseppe Conte. ANSA/ANGELO CARCONI

ROMA. – Il programma della maggioranza giallo rossa ha inserito tra le priorità temporali il sì definitivo alla legge che taglia il numero dei parlamentari, e mette in agenda anche la riforma elettorale: un combinato disposto tuttavia che potrebbe condurre a una delegittimazione delle attuali Camere o spingere ad un ritorno ravvicinato alle urne, cosa che contrasta con la volontà di M5s e Pd di durare, e con quella di giungere in sintonia politica al gennaio 2022, quando si dovrà eleggere il successore di Sergio Mattarella.

Di qui la cautela, specie in casa Dem, a entrare nel dettaglio, in attesa del discorso di insediamento di Giuseppe Conte alle Camere. Il programma concordato, al punto 10, afferma che “è necessario inserire, nel primo calendario utile della Camera dei deputati, la riduzione del numero dei parlamentari, avviando contestualmente un percorso per incrementare le opportune garanzie costituzionali e di rappresentanza democratica”.

In particolare, “occorre avviare un percorso di riforma, quanto più possibile condiviso, del sistema elettorale”. La priorità temporale da dare al taglio dei parlamentari è stata confermata da Luigi Di Maio e dal Presidente della Commissione Affari costituzionali della Camera, Giuseppe Brescia, di M5s.

Per il Pd non si tratta di un sì scontato: nei tre precedenti passaggi ha votato contro al taglio lineare di deputati (da 630 a 400) e senatori (da 315 a 200), proponendo in alternativa la trasformazione del Senato in una Camera composta da esponenti dei Consigli o delle Giunte Regionali. Ora il Pd voterà sì ma con l’impegno di M5s varare anche “garanzie costituzionali”, innanzi tutto una modifica dei Regolamenti che consenta di formare gruppi con un minore numero di senatori e di deputati.

La riforma elettorale, spiega Gennaro Migliore, capogruppo Dem in Commissione Affari costituzionali, serve a compensare un effetto del taglio dei parlamentari, vale a dire l’esclusione dalle future Camere – specie in Senato – delle forze minori: anche partiti come Fi o Fdi, eleggerebbero senatori solo nelle Regioni popolose (Lombardia, Lazio, Sicilia, Piemonte). Di qui, spiega Migliore, la necessità di una legge proporzionale, magari anche con una soglia al 4-5%, che anche Brescia dice di apprezzare a livello personale.

Sul piano dell’architettura tutto torna, ma su quello politico c’è un “ma”: se a settembre si approva il taglio dei parlamentari, non si delegittimano le attuali Camere? Salvini non avrebbe un arma in più per accusare M5s e Pd di essere attaccati alle poltrone visto che non vogliono le urne?

Se poi la legge elettorale venisse approvata nei mesi successivi, il piano verso le urne diverrebbe ancora più inclinato. Senza contare che delle Camere che hanno votato il proprio taglio ma sono sempre in carica verrebbero delegittimate al momento dell’elezione del nuovo inquilino del Quirinale.

Brescia esclude tutto ciò: “Questa riforma è una prova di credibilità. Approvarla dopo un anno di legislatura ci darà ancora più forza e sostegno per portare avanti altre riforme incisive e coraggiose”. Ma i timori in casa Dem permangono e sono stati affidati al premier Conte, del quale si attende il discorso lunedì alle Camere perché li fughi.

(Di Giovanni Innamorati/ANSA)

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