Fondi Russi, Tribunale del Riesame: “Legittimi i sequestri a Savoini”

Gianluca Savoini( primo a sinistra) , il ministro dell'Interno Matteo Salvini (al centro a sinistra) durante l'incontro con il ministro dell'Interno russo Vladimir Kolokoltsev e alcuni membri del Consiglio di sicurezza russo a Mosca, in una immagine tratta dal suo profilo Twitter.
Gianluca Savoini( primo a sinistra) , il ministro dell'Interno Matteo Salvini (al centro a sinistra) durante l'incontro con il ministro dell'Interno russo Vladimir Kolokoltsev e alcuni membri del Consiglio di sicurezza russo a Mosca, in una immagine tratta dal suo profilo Twitter. TWITTER MATTEO SALVINI

MILANO. – Sono legittimi le perquisizioni e i sequestri effettuati nei confronti di Gianluca Savoini. Lo ha deciso il Tribunale del Riesame di Milano, che ha respinto il ricorso con cui la difesa del presidente dell’associazione Lombardia-Russia, tra gli indagati nell’inchiesta milanese battezzata ‘Moscopoli’, ha chiesto l’annullamento di quell’atto istruttorio.

Annullamento proposto dall’avvocato Lara Pellegrini, che ha sostenuto l’inutilizzabilità sotto il profilo processuale dell’audio della riunione all’hotel Metropol di Mosca posto alla base del decreto consegnato all’ex portavoce di Matteo Salvini quando, a metà dello scorso luglio, i militari del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria si sono presentati nella sua abitazione.

Allo scadere dei termini, come è stato riferito negli ambienti giudiziari milanesi, è stata depositata l’ordinanza con cui i giudici hanno ritenuto valido il provvedimento dei pm Gaetano Ruta e Sergio Spadaro, titolari dell’indagine nella quale rispondono di corruzione internazionale anche il legale Gianluca Meranda e l’ex bancario Francesco Vannucci.

Per i due magistrati quella registrazione è una notizia di reato e quindi il loro decreto era legittimo. Non così per il difensore di Savoini che, giovedì scorso, durante la sua discussione davanti al collegio composto da Luisa Savoia, Monica Amicone e Roberto Peroni Ranchet, ha spiegato che il provvedimento di perquisizione, fondato su una fonte di prova effettuata non si sa da chi e della quale non si conosce la provenienza, andava azzerato assieme ai sequestri di tre cellulari e di alcuni documenti.

Materiale che, a parere del difensore, andava restituito al legittimo proprietario. Al momento non si sa se sia stato depositato solo il dispositivo o anche le motivazioni dell’ordinanza. Di certo però la difesa, dopo aver letto le ragioni del rigetto, valuterà se ricorrere o meno in Cassazione.

Intanto, nei prossimi giorni dovrebbe essere fissato una sorta di incidente probatorio per procedere nel contraddittorio tra le parti e completare la copia forense di uno dei contenuti di uno dei cellulari di Savoini, in quanto a causa di alcuni problemi tecnici gli investigatori non hanno potuto ancora estrapolare, per l’analisi, una chat.

Mentre le Fiamme Gialle vanno avanti con l’esame di quanto finora raccolto – anche durante le perquisizioni a Meranda e Vannucci – dalle prime e parziali analisi sui telefoni del presidente dell’associazione Lombardia-Russia e dai tabulati non risulterebbero, al momento, suoi contatti diretti, né via chat, mail o telefonici, con il leader della Lega Salvini.

Mentre sarebbero venuti a galla una serie di messaggi preparatori all’incontro al Metropol, almeno dall’estate dello scorso anno, fra Savoini, gli altri due italiani coinvolti e persone legate ai tre russi presenti al tavolo per una trattativa, poi non andata a buon fine, con al centro la compravendita di una ingente quantità di petrolio e che avrebbe avuto lo scopo di far finire 65 milioni di dollari nelle casse del movimento.

(di Francesca Brunati e Igor Greganti/ANSA)

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