La terza via di Conte, tra echi Dc e attenzione al Sud

Il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, incontra gli allievi del Conservatorio statale di musica “Domenico Cimarosa”.
Il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, incontra gli allievi del Conservatorio statale di musica “Domenico Cimarosa”. (Ufficio Stampa Presidenza del Consiglio)

AVELLINO. – “Un nuovo umanesimo” ispirato al cattolicesimo democratico: non non un nuovo partito, ma una terza via. E’ al teatro Carlo Gesualdo, davanti a un parterre che è un pezzo di storia della Dc e del Paese, che Giuseppe Conte mette sul piatto una nuova fetta della sua linea politica.

Una linea trasversale, che gli permette di essere acclamato alla festa del M5S, applaudito dai militanti di Leu, appena fischiato dai supporter di Fdi. Una linea che, nel fortino della Balena Bianca, mette in mostra tutti i suoi rimandi alla Dc. L’occasione è succulenta.

Nella prima fila del teatro, ad ascoltare il premier, siedono Ciriaco De Mita, Nicola Mancino, Gerardo Bianco e Gianfranco Rotondi, presidente della Fondazione intitolata a Fiorentino Sullo, destinatario delle celebrazioni. Poco più in là ecco Carlo Sibilia e Michele Gubitosa, referenti avellinesi del M5S. Un Movimento che, fra qualche mese, dovrà affrontare il nodo delle alleanze in Campania, con l’incognita Vincenzo De Luca.

Nel Pd e nel M5S “vedo delle pulsioni per abbracciarsi, ma io quelle pulsioni non le seguo”, avverte il presidente della Regione Campania prima di sedersi in platea e parlottare qualche minuto con il capo del governo.

Circondato da decine di sindaci, cittadini, studenti, Conte fa un ingresso quasi trionfale nel teatro. Lo attendono le carezze di Bianco (“Lei dice che vuole raccogliere l’eredità di Aldo Moro, benissimo, con questo noi nutriamo speranze”) e di Rotondi che, con “malizia democristiana”, svela un retroscena: “non nego che nei giorni successivi” alla crisi, “abbiamo fatto qualcosa perché restasse premier, e se necessario, faremo ancora perché resti premier a lungo”.

Lo attende, anche, il graffio di De Mita. “Conte un’erede della scuola Dc? No. Quando uno fa delle cose buone si dice che è un democristiano, ed è un criterio che non mi piace”, sottolinea l’ex premier.

Poi tocca al premier e alla sua lectio magistralis di 16 pagine, dal titolo “Il contributo dei cattolici nell’Assemblea costituente”. Centralità dell’uomo, sia nell’azione dello Stato sia nella politica economica, tutela dei diritti inviolabili, equilibrio costituente da mantenere anche in future riforme della Carta, sono alcuni dei concetti sottolineati da Conte. E’ il finale, tuttavia, a dare il senso dell’intervento.

“Oggi più che mai i cattolici sono chiamati a fornire il loro contributo di idee, di cultura politica, di credibilità personale, di passione civile”, sottolinea Conte, osservando: “più che di una rinnovata “democrazia cristiana”, ragionerei, come suggeriva Pietro Scoppola, di una rinnovata “democrazia dei cristiani”.

Parole sulle quali il premier torna, conversando con i cronisti che gli chiedono se sia davvero iniziato il cantiere per un nuovo partito. “No, ho già detto che bisogna lavorare con i soggetti esistenti”, sottolinea Conte, che poco prima già spiegava: “mi definite grillino, di sinistra, ora democristiano, io ho le mie idee”.

Eppure, il tributo degli eredi di Sullo è netto quanto quello, di sabato, del popolo M5S. Ed è un tributo dall’accento “borbonico”: è al Sud che in questo ore, si sta concentrando l’attenzione del premier. Prima il Molise, poi Napoli, poi l’Irpinia dove visita tre aziende: Conte rimarca la sua attenzione al rilancio del Mezzogiorno, con un occhio alle infrastrutture. E lo fa nella terra di Sullo, che si impose facendo passare la A16 da Avellino e non da Benevento.

(dell’inviato Michele Esposito/ANSA)

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