Conte più tranquillo: “Dopo le elezioni regionali verifica rapida”

Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte in conferenza stampa al termine del Cdm
Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte in conferenza stampa al termine del Cdm, Roma, 5 dicembre 2019. ANSA/FILIPPO ATTILI/US PALAZZO CHIGI

ROMA. – Tira un sospiro di sollievo, il governo. Il referendum della Lega per il maggioritario era una mina enorme sulla via della legislatura, anche perché rischiava di diventare un referendum pro o contro Salvini. Ora che quella mina è andata, Giuseppe Conte non si scompone: da Palazzo Chigi trapela solo che ne “prende atto”.

Ma tutti concordano, ai vertici dell’esecutivo, che ora il premier può affrontare con più tranquillità la verifica di governo attesa dopo le regionali, senza il carico di ansie di un appuntamento elettorale così importante e denso di significati. Ostacoli sulla via del governo ce ne sono ancora molti, a partire da una eventuale sconfitta di Stefano Bonaccini in Emilia Romagna.

Dalla prescrizione alla revoca della concessione ad Autostrade, Italia viva – che nei numeri in Parlamento è determinante – non abbassa il tiro: i renziani continuano a dire che la tenuta del governo (non per colpa loro, precisano) è una incognita. Perciò un ministro di primo piano, parafrasando il detto, ricorda che “tranquillo è morto”.

Dopo le regionali per Conte, osserva un altro ministro, è imperativo provare ad aprire e chiudere la verifica di governo nel più breve tempo possibile: blindare la maggioranza indicando una prospettiva di anni è il modo più efficace per arginare le fibrillazioni M5s e dare il segnale che Salvini può mettersi l’anima in pace perché non si voterà a lungo.

Indebolire le prospettive della Lega, anche con una legge elettorale proporzionale, è l’arma migliore – osserva un capogruppo di maggioranza – per arginare le uscite dal M5s verso la Lega al Senato e mettere al riparo i numeri senza rendere necessari “soccorsi” di responsabili FI. Un’operazione, quest’ultima, che è comunque sempre pronta. Impensierisce meno la finestra elettorale aperta dal referendum per il taglio dei parlamentari: chi volesse bloccarlo dovrebbe tentare subito la spallata al governo, ma dovrebbe pagare il prezzo di un’operazione molto impopolare.

Piuttosto, è l’Emilia Romagna l’incognita da tenere d’occhio: se il Pd perdesse, magari complice lo smarcamento del M5s, potrebbe crescere tra i Dem il “partito del voto”, finora arginato. Due sono intanto gli effetti immediati della bocciatura del referendum leghista.

Il Germanicum, il sistema proporzionale con sbarramento al 5%, ha ora buone chance di essere approvato. Certo, si può fare con più calma: il taglio dei parlamentari spingerebbe ad accelerare ma tradizionalmente le leggi elettorali si fanno a ridosso del voto per non destabilizzare la maggioranza. L’intesa per ora sembra reggere, salvo le riserve di Leu: il nodo è la soglia del 5% (si voterà a scrutinio segreto) che potrebbe tentare anche a Fi e Fdi – Meloni nega – per restare autonomi dalla Lega.

Già si notano intanto le spinte aggregative al centro per superare la soglia: le prove di intesa di Iv con Calenda e +Europa alle regionali in Puglia potrebbero preludere a un’alleanza alle politiche che secondo qualche renziano potrebbe includere pure Mara Carfagna.

Il secondo effetto è più immediato ed è l’apertura della campagna di Salvini contro i “poltronari” di maggioranza: è su quel refrain che il leader leghista punterà nei prossimi giorni per la spallata a Bonaccini. E comunque, avvertono da via Bellerio, prima o poi si tornerà a votare e la Lega sarà ancora forte.

Ma tra i leghisti c’è chi ammette qualche timore: per dare più chance al referendum Calderoli di passare, i salviniani hanno firmato anche il referendum contro il taglio dei parlamentari e ora questa mossa è un boomerang. E poi il tempo in politica è un fattore cruciale: se la legislatura va avanti la Lega rischia di indebolirsi.

(di Serenella Mattera) (ANSA)

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