Brexit, Puggioni (Circolo Sardo-Londra): “C’è ancora tanta incertezza”

MADRID – “Gli inglesi hanno scelto di abbandonare l’Europa semplicemente per avere il controllo su chi entra e su chi esce dal loro territorio. Ecco, questa, in parole povere, è la ragione della loro decisione. In varie trasmissioni radiofoniche, che ho seguito, si chiedeva agli inglesi una spiegazione, il motivo per cui volevano uscire dall’Europa. Posso garantire che il 99 per cento delle persone intervistate non ne aveva la più pallida idea. Non aveva idea del tipo di rapporto che univa il Regno Unito all’Europa. Nessuno era in grado di rispondere. Da quando sono arrivato a Londra, era il gennaio del 2006, non ho mai, o quasi mai, sentito parlare di Europa”. Luca Puggioni è il presidente del Circolo Sardo di Londra. Emigrò in Inghilterra nel gennaio del 2006. Confessa che, nonostante si sentisse profondamente sardo e amasse quella terra, l’isola cominciò a stargli stretta. Almeno lo era per le sue ambizioni. Così, con grande dispiacere, decise di recarsi a Londra. Doveva restarci qualche mese appena. Giusto il tempo per imparare la lingua. Ed invece… sono trascorsi 14 anni ed è ancora là. Il suo primo lavoro fu da lavapiatti. Poi fu promosso a barista. Ha studiato e ottenuto il diploma universitario in Economia Aziendale. Oggi dirige la divisione finanziaria di una nota azienda assicuratrice. Lo conoscemmo in occasione della “Festa dell’Italianità”, che organizza ogni anno il Comites di Madrid. Parliamo con lui telefonicamente, ora che la Brexit è stata ufficialmente consumata. Gli chiediamo:

– Come hai vissuto tu, da cittadino italiano, le fasi che hanno condotto alla rottura tra Regno Unito ed Europa?.

– Tutto è iniziato con il Referendum del 2016 – spiega -. Noi non potemmo partecipare. Onestamente, non ci si aspettava che potessero vincere coloro che sostenevano con forza l’uscita dall’Unione Europea. Ricordo di essere andato a letto con gli exit-poll che davano per scontata la vittoria degli europeisti. Al mattino, l’amara notizia del trionfo della Brexit. Dal 2016 è stata una telenovela quotidiana. Da Cameron all’entrata in scena di Teresa May, per poi finire con Boris Johnson. Nonostante l’esito del referendum, eravamo sicuri che si sarebbe trovata una soluzione per evitare la Brexit. Ed invece… più passava il tempo e più la situazione cominciava a diventare pesante. C’era tanta incertezza.  Tutti, e non solo io, abbiamo vissuto questi anni con grande stress e angoscia.

Puggioni era naturalmente tra chi nutriva la speranza che, alla fine, ci sarebbe stato un dietro-front. E ragioni ne aveva in abbondanza.

– Lavoro per una compagnia di assicurazioni – confessa -. L’80 per cento dei nostri introiti arriva dall’Europa. Lavoriamo soprattutto con Italia e Francia. Quindi, era nostro interesse che l’Inghilterra restasse in Europa. Alla fine – confessa –, sono contento che si sia presa una decisione. Non è quella che volevamo, ma almeno ora stiamo andando in una direzione.

La vera Brexit

Commenta che per il momento nulla cambia. Ci sarà un periodo di transizione. 11 mesi appena. Fino a gennaio del 2021, la Gran Bretagna continuerà ad essere parte dell’Europa.

– La vera Brexit ci sarà a gennaio del prossimo anno – sottolinea -. Il governo inglese avrà appena 11 mesi per raggiungere accordi con l’Europa. Le tematiche sono tantissime. È quindi normale che ci sia del pessimismo. Ci son voluti 4 anni per decidere la Brexit. Immaginiamoci quanto tempo ci vorrà per prendere tutte le decisioni che richiederà l’uscita dall’Unione Europea. Trasporto, commercio, servizi finanziari e quant’altro. Ripeto, la vera Brexit si consumerà il primo gennaio 2021. Allora si saprà realmente cosa accadrà.

– Il processo di transizione sarà necessariamente lungo e probabilmente molto sofferto.

– Esatto – concorda -. Gran Bretagna ed Europa dovranno mettersi d’accordo su tantissime cose. Sono pessimista. Non credo proprio che possano riuscire a trovare intese su tutto prima di gennaio.

– Hai quarant’anni. La tua è un’età che fa da spartiacque tra la generazione che si avvia verso l’età pensionistica e quella che comincia a farsi spazio nel mondo del lavoro. Raccontaci qual è l’ambiente che si respirava tra i giovani prima del referendum e quello che si vive oggi…

Dall’altro lato della linea telefonica un lungo sospiro. C’è dell’amarezza nelle parole di Puggioni.

– I giovani… – indugia -. Capisco che comunque, tra gli europei che lavorano e vivono in Inghilterra, ci possa essere qualcuno che simpatizzi per la Brexit; insomma, che non la pensi come me e, presumo, come la stragrande maggioranza. C’è chi è contento di uscire dall’Europa perché pensa che, così, si aprono delle opportunità. Ora, onestamente, ognuno la può vedere come vuole. Posso dire che tra i giovani, comunque, c’è qualche timore. C’è soprattutto tra coloro che vivono a Londra da meno di cinque anni.

Nuove regole

Spiega che, con la vittoria della Brexit sono cambiate alcune regole. Gli europeisti hanno spinto affinché si garantissero ai cittadini dell’Unione gli stessi diritti degli inglesi. Ma il governo del Regno Unito ha deciso di stabilire alcuni parametri. Questi si possono riassumere nello “settlement-Status” e il “presettlement-status”.

– Cosa comporta? – chiediamo.

La risposta è immediata.

– Il governo ha deciso che tutti gli europei che hanno vissuto in Inghilterra per 5 anni e più, potevano fare domanda per ottenere il visto di residenza. Attraverso una applicazione ad hoc, studiata per i cellulari, dando il tuo “National Insurance Number” che è il codice fiscale inglese, e inviando lo “scanner” del passaporto ti è garantito lo “settlement status”. Quindi, la possibilità di restare in Inghilterra con gli stessi diritti e doveri degli inglesi. Per chi, invece, non raggiunge i cinque anni, c’è il “presettlement Status”. Il governo, in pratica, da l’opportunità di arrivare al quinto anno per garantirti, poi, lo “settlement Status”. Anche così – prosegue -, tutto è stato vissuto con grande stress e angoscia. Immediatamente dopo la Brexit nessuno sapeva chi avrebbe potuto restare e a quali condizioni. Addirittura, c’era chi temeva il blocco delle frontiere.

Tanta incertezza

Il presidente del Circolo Sardo ci racconta l’Inghilterra in tempo di Brexit. Dubbi, speranze e frustrazioni

Luca Puggioni in compagnia di alcuni soci del Circolo Sardo di Londra

Se ciò fosse avvenuto, come alcuni avevano ipotizzato, molte merci non sarebbero arrivate. Si temeva una crisi soprattutto nell’ambito della ristorazione.

– L’incertezza – aggiunge il presidente del Circolo Sardo – è presente in tutte le aziende che lavorano in ambito europeo. Pensate al piccolo ristorante che prende merci dall’importatore di prodotti italiani, francesi o spagnoli. O alle compagnie che, come la nostra, piazza le proprie polizze principalmente in Europa.

– Quali sono a tuo giudizio le ricadute sulla comunità italiana… Sui giovani studenti?

– Onestamente – insiste – credo che nessuno possa sapere ora cosa accadrà il primo gennaio 2021. Il governo avrà la libertà di prendere qualunque decisione. Non posso dare risposte alla tua domanda perché non è possibile prevedere cosa accadrà. Credo che non lo sappiano neanche al Parlamento inglese.  Comunque, a livello di studenti non credo che cambi granché. L’unica cosa che potrebbe accadere è che alle persone che decidono di venire in Gran Bretagna per lavorare o per studiare possa essere richiesto un permesso di soggiorno, un visto.

– Ricadute positive o negative per gli inglesi?

– Ho parlato con alcune persone – ci dice -. Ho cercato di capire il loro punto di vista. Ho l’impressione che più che un allontanarsi dall’Europa, la Brexit sia una reazione contro gli emigrati. A Londra, più che altrove, si sente molto la loro presenza. Per quanto mi riguarda, sono una ricchezza assoluta per l’Inghilterra e soprattutto per la città di Londra. Nella capitale, oltre la metà della popolazione è straniera. Non sono un economista – confessa -. Ora si apre una nuova tappa commerciale. Gran Bretagna ha firmato accordi con Canada, Australia … Ma i principali rapporti, il maggior volume dell’import-export è con l’Europa. Tutti questi sono aspetti che saranno analizzati nei prossimi mesi. Nessuno sa come andrà a finire. L’Inghilterra è la prima nazione, dopo esserne stata membro da 47 anni, che decide di abbandonare l’Unione Europea. Si stabiliranno dei dazi? Aumenterà il prezzo dei prodotti? Subirà un’impennata il costo della vita?

– Hai parlato molto dei riflessi dell’emigrazione sull’opinione pubblica. Come è vista la nostra comunità, secondo te?.

– l’Emigrazione italiana negli ultimi 40 anni è cambiata tantissimo – afferma con tono di voce che non trasmette dubbi -. Se prima gli italiani erano barbieri, andavano in giro col camioncino a vendere i gelati o gestivano le tavole calde, oggi sono presenti in ogni settore dell’economia.  Dal lavapiatti al manager di ristoranti e alberghi; dal cameriere al professionista altamente qualificato che lavora per Goldman & Sachs; dal commesso al trader finanziario; dagli infermieri ai grandi chirurghi.

Per concludere, il presidente del Circolo Sardo, sottolinea che l’italiano in Inghilterra è assai apprezzato. Moda, design, stile di vita, cucina. Sono settori in cui prevale l’eccellenza italiana. I connazionali sono considerati persone serie. C’è naturalmente l’eccezione alla regola ma, appunto, è l’eccezione. Tutto sommato la collettività italiana è molto apprezzata sotto ogni punto di vista. Non posso dire, ad esempio – aggiunge – di essermi sentito discriminato. Ma – precisa sorridendo – forse il mio caso è un po’ particolare. Io mi presento da sardo. Sento profondamente la mia identità sarda e ne sono orgoglioso. Quando mi chiedono di dove sono, rispondo immediatamente che sono della Sardegna. Se non sanno dov’è l’isola, glielo spiego. Racconto cos’è la Sardegna. Quindi, sono conosciuto più come sardo che come italiano.

Mauro Bafile

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