Trump mette le ali a petrolio, ma è giallo Putin-Ryad

Pozzi di petrolio nel Sud Moravia, Repubblica Checa.
Pozzi di petrolio nel Sud Moravia, Repubblica Checa. (ANSA/ EPA/MARTIN DIVISEK)

NEW YORK.  – Donald Trump evoca un accordo fra l’Arabia Saudita e la Russia sul taglio della produzione petrolifera. E le quotazioni del greggio volano, trascinandosi dietro anche le Borse, con Wall Street che avanza decisa nonostante le richieste di disoccupazione record a 6,648 milioni.

Ma l’apertura del presidente americano a un’intesa fra Ryad e Mosca è gelata dal Cremlino che, smentendo il tycoon, precisa che non c’è stata alcuna conversazione telefonica fra il presidente Vladimir Putin e il principe ereditario Mohammed bin Salman e non c’è nessun accordo.

Un giallo complicato dal rincorrersi di voci su una richiesta di una riunione d’emergenza dell’Opec+ e dai rumors sulle richieste saudite sulla partecipazione all’incontro anche dei produttori non Opec e su eventuali tagli condizionati a mosse analoghe da altri paesi.

Le dichiarazioni di Trump su un possibile accordo sembrano, secondo gli osservatori, un tentativo di mettere all’angolo Putin e costringerlo ad avviare un dialogo con bin Salman, sul quale gli Stati Uniti sono in pressing per ridurre la produzione petrolifera che ha ha fatto crollare ai minimi da decenni il prezzo del greggio e spinto sull’orlo della bancarotta diverse aziende shale americane.

Proprio l’industria petrolifera americana sta pagando un prezzo caro dalla guerra, tanto che Trump ha convocato alla Casa Bianca per venerdì i manager della maggiori società del settore per valutare anche eventuali aiuti pubblici.

Da giorni ottimista sulla possibilità di un accordo fra Ryad e Mosca per mettere fine alla guerra dei prezzi del petrolio, Trump ha spiazzato tutti con il suo tweet: “Ho appena parlato con il mio amico MBs, il principe ereditario, che a sua volta ha parlato con Putin. Mi aspetto e spero che taglieranno la produzione di circa 10 milioni di barili, forse fino a 15 milione”.

La reazione del greggio è immediata con le quotazioni che volano cercando di voltare pagina rispetto a un primo trimestre nero. Il Wti arriva a guadagnare fino al 35%, il Brent vola del 47%. Il cinguettio di Trump mette le ali anche a Wall Street, dove gli indici avanzano decisi ignorando i dati sui sussidi alla disoccupazione schizzati a un nuovo record con il coronavirus, che rischia di salire alla cronache come la peggiore recessione di sempre negli Stati Uniti, anche cinque volte più forte della media del dopo guerra.

L’attesa è ora per complessivi sul mercato del lavoro di marzo, che dovrebbero certificare la fine della ripresa durata 113 mesi: saranno comunicati venerdì e le previsioni sono per una perdita di 100.000 posti con un tasso di disoccupazione in aumento al 3,8%. Dati pesanti ma non sconvolgenti visto che la chiusura degli Stati Uniti è stata decisa solo alla metà di marzo.

La vera prova sarà aprile e un secondo trimestre che si prospetta ben peggiore della Grande Depressione.

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