Papa in Piazza San Pietro vuota per il rito della Via Crucis

Papa Francesco durante la Via Crucis in una Piazza San Pietro vuota.
Papa Francesco durante la Via Crucis in una Piazza San Pietro vuota nella la Pasqua 2020. ANSA/MASSIMO PERCOSSI

CITTA’ DEL VATICANO. – Il dolore del mondo, e anche la sua ansia di rinascita, racchiusi in una croce: portata nell’immenso ovale berniniano di Piazza San Pietro – che sembra ancora più grande per l’assenza dei fedeli a causa delle norme anti-contagio – da un piccolo gruppo di medici e di detenuti e imbracciata nell’ultima delle 14 stazioni anche da papa Francesco.

E’ l’inedita Via Crucis in questo Venerdì Santo in tempo di pandemia, in cui il Papa peraltro si limita ad accompagnare il cammino di Gesù verso la morte in croce con le preghiere e senza aggiungere, come faceva negli anni scorsi, una riflessione finale. Il senso di questo Venerdì di Passione, però, il Pontefice lo riassume nel pomeriggio in una telefonata ‘a sorpresa’ in diretta a Rai 1, alla trasmissione ‘A sua immagine’.

“In questo momento, penso al Signore crocifisso e alle tante storie di crocifissi, della storia, ma quelli di oggi, di questa pandemia: medici, infermieri, infermiere, suore, sacerdoti, morti al fronte come soldati che hanno dato la vita per amore, resistenti come Maria sotto le croci delle loro comunità, negli ospedali, curando gli ammalati. Oggi anche ci sono crocifissi e crocifisse che muoiono per amore”, afferma.

E in vista della Via Crucis di questa sera, prosegue: “Sì, sono vicino al popolo di Dio, al più sofferente soprattutto, alle vittime di questa pandemia, al dolore del mondo, ma guardando su, guardando la speranza, che la speranza non delude, non toglie il dolore ma non delude”.

“Sempre la Pasqua finisce nella resurrezione e nella pace – aggiunge Francesco – è proprio il compromesso dell’amore che ti fa passare questa strada, dura, ma lui (Gesù, ndr) l’ha fatta prima. E questo ci conforta e ci dà forza”.

Proprio la Via Crucis sul sagrato della Basilica vaticana, anziché nel tradizionale scenario del Colosseo, davanti a una Piazza San Pietro deserta, è il culmine della giornata, oltre che il distillato spirituale di una sofferenza che nell’attuale tempo di pandemia accomuna i cinque continenti, tra credenti e non.

E in un silenzio irreale, da cui emergono solo le meditazioni fornite dalla cappellania del carcere ‘Due Palazzi’ di Padova, il cammino della Croce è condotto da due gruppi, di cinque persone ciascuno: quello della stessa Casa di Reclusione “Due Palazzi” – Michele, un ex detenuto del “Due Palazzi” oggi “uomo nuovo” e piccolo imprenditore, il direttore della casa circondariale padovana Claudio Mazzeo, il vicecommissario della Polizia Penitenziaria Maria Grazia Grassi, un agente della stessa polizia, la volontaria Tatiana Mario e il cappellano don Marco Pozza. – e quello dei medici e infermieri del Fondo assistenza sanitaria del Vaticano, che in Italia sono in prima linea nel servizio agli ammalati colpiti dal virus.

Tra loro, in camice bianco, Esmeralda Capristo, medico internista del Policlinico Gemelli e ricercatrice di Medicina interna all’Università Cattolica, e Paolo Maurizio Soave, anestesista rianimatore del Gemelli e docente a contratto della Cattolica, sede di Roma: entrambi assistono pazienti contagiati dal Covid-19, ricoverato al Gemelli e al Columbus Covid 2 Hospital.

Il percorso di 14 stazioni ha inizio nei pressi dell’obelisco, gli gira attorno e poi procede verso il cosiddetto “ventaglio”: qui è collocato, rivolto verso il Papa, il trecentesco crocifisso ligneo di San Marcello al Corso, che la popolazione romana riteneva miracoloso e portò in processione per tutta la città durante la pestilenza del 1522.

Tutto l’itinerario è segnato da fiaccole a terra. E nelle meditazioni risuona “la voce rauca della gente che abita il mondo delle carceri”, la sua sofferenza, ma anche le speranze. Raccolte dal cappellano don Pozza, ne sono autori cinque detenuti (tra cui ergastolani e condannati per omicidio), la famiglia di una ragazza uccisa, la figlia di un recluso a vita, un’educatrice, un magistrato di sorveglianza, la madre di un detenuto, una catechista, un frate volontario, un agente di Polizia Penitenziaria e un sacerdote accusato e poi assolto in via definitiva dalla giustizia dopo otto anni di processo.

“Ho preso dimora nelle pieghe delle vostre parole e mi sono sentito accolto, a casa – dice il Papa nel suo messaggio di ringraziamento -. Grazie per aver condiviso con me un pezzo della vostra storia”.

(di Fausto Gasparroni/ANSA)

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