“Odio razziale”, Procura di Roma sequestra la sede di Casapound

Militanti di Casapound a Via Napoleone III.
Militanti di Casapound a Via Napoleone III. ANSA/MASSIMO PERCOSSI

ROMA. – Un quartier generale, una base logistica che rientra, in tutto e per tutto, nell’attività di “una associazione a delinquere finalizzata all’odio razziale”. E’ questo l’impianto dell’indagine della Procura di Roma che ha portato il gip ad emettere una ordinanza di sequestro preventivo del palazzo che dal dicembre 2003 “ospita” i vertici e alcuni militanti del movimento di estrema destra Casapound.

Una struttura di 6 piani al civico numero 8 di via Napoleone III, nel cuore del quartiere Esquilino a Roma, che dalla prossima settimana passa nella disponibilità del tribunale capitolino rendendo la struttura “sgomberabile” anche se la parola finale spetterà al Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza che dovrà coordinarsi con la Procura.

I magistrati di piazzale Clodio da mesi indagano su Casapound e sulla gestione dell’immobile che nel 2007 fu inserito dall’allora giunta capitolina nella lista delle strutture con persone in emergenza abitativa. Associazione a delinquere e occupazione abusiva di immobile, i reati contestati dal pm Eugenio Albamonte nei confronti di 16 persone, tra cui i leader di Casapound Gianluca Iannone, Andrea Antonini e Simone Di Stefano.

Proprio nell’ambito di questo procedimento il gip ha disposto oggi l’avvio delle procedure del sequestro. L’atto istruttorio non comporta l’immediato sgombero del palazzo, dove vivono da anni nuclei familiari composti da militanti, ma sostanzialmente dà un colpo di acceleratore significativo sulla futura gestione dell’immobile.

Nel 2011 l’amministrazione capitolina, guidata da Gianni Alemanno, provò a inserire la struttura tra quelli che il Campidpglio avrebbe potuto acquistare dal Demanio per oltre 10 milioni di euro, ma l’operazione non si concretizzò anche per la reazione delle forze politiche di opposizione che temevano una cessione in comodato ai militanti di estrema destra.

L’iniziativa giudiziaria ha scatenato reazioni a livello politico. La sindaca Virginia Raggi, che al scorsa settimana aveva scritto al governo invocando legalità sull’immobile, parla di “momento storico, una vittoria per la città”. Parole che hanno provocato reazioni via social con vere e proprie minacce indirizzate al primo cittadino.

“Vuoi mettere in strada 20 famiglie italiane – si afferma in un post comparso per alcune ore su un account Facebook poi cancellato – ti ricordo che fra un anno l’attenzione mediatica e la scorta spariranno e tu tornerai ad essere una nullità ma il tuo nome resterà scritto nel libro nero dei camerati che hanno una buona memoria”.

Immediata la solidarietà alla Raggi da parte degli M5s. Dal canto suo il Pd ringrazia per il lavoro svolto “dai magistrati e dalla Questura” affermando che in questo modo si “ristabilisce la legalità”. Soddisfazione è stata espressa anche dall’Anpi che si dice “contenta alla luce del fatto che il provvedimento era stato richiesto dalla Procura sulla base della nostra denuncia”.

Sull’immobile dell’Esquilino si era mossa anche la magistratura contabile. Nei mesi scorso la Corte dei Conti ha proceduto alla citazione a giudizio per otto dirigenti statali per la mancata riscossione, per 15 anni, del canone del palazzo occupato. Un danno erariale pari a 4,5 milioni di euro per quello che i magistrati contabili considerano un esproprio favorito dal fatto che i dirigenti non hanno messo in campo ne’ misure per riscuotere il canone, ne’ per ritornare in possesso dell’immobile.

A rispondere per omessa disponibilità del bene e mancata riscossione dei canoni sono dirigenti e funzionari dell’Agenzia del Demanio e del Miur, proprietario dell’immobile. Per la Corte dei Conti la struttura “è un bene di proprietà dello Stato, appartenente al patrimonio indisponibile” e quindi “non e’ tollerabile in uno Stato di diritto una sorta di ‘espropriazione al contrario’, che ha finito per sottrarre per oltre tre lustri una sede storica di uffici pubblici, al patrimonio (indisponibile) dello Stato, causando in tal modo un danno certo e cospicuo all’erario”. Per gli imputati il processo riprenderà a novembre dopo un rinvio per l’emergenza coronavirus.

(di Marco Maffettone/ANSA)

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