Vecchi: “Assicurati 12 milioni di euro per i connazionali meno fortunati”

Luciano Vecchi, responsabile italiani nel Mondo del Pd

MADRID – 12 milioni di euro da destinare ai connazionali meno abbienti, 5 milioni per le nostre camere bi-nazionali e 6 milioni per assistere i lavoratori frontalieri senza coperture sociali in Italia o all’estero. Non è tutto. Garantito anche “un reddito di emergenza” per coloro che rientrano in Italia. Questi, in stretta sintesi, i provvedimenti ottenuti dal Partito Democratico, dopo “un’azione politica e parlamentare”. Ne parla alla “Voce” Luciano Vecchi, responsabile dell’Ufficio Italiani nel Mondo del Partito Democratico.

– Siamo riusciti ad assicurare, grazie all’impegno del nostro gruppo parlamentare e in particolare dei nostri eletti all’estero, alcuni provvedimenti molto importanti – commenta Vecchi -. Andando in ordine cronologico, abbiamo ottenuto il raddoppio dei fondi per l’assistenza agli italiani all’estero. Sono passati dai 6 milioni, decisi in precedenza, ai 12 milioni di euro. Ci sono poi 5 milioni di euro per le Camere di Commercio bi-nazionali e 6 milioni per l’assistenza dei lavoratori frontalieri privi di coperture sociali. Soprattutto, ed è questo l’aspetto che più mi preme risaltare – sottolinea -, per la prima volta da anni, siamo riusciti a mettere sullo stesso piano i residenti all’estero e quelli in Italia. Mi riferisco al “reddito di emergenza”. Il provvedimento, a differenza di quanto previsto dal “reddito di cittadinanza”, non esige un periodo minimo di residenza in Italia. È un passo avanti importante.

Vecchi spiega che, grazie all’impegno del Partito Democratico, è stata ottenuta l’estensione di tutti i “super bonus”. Cioè dei “fondi destinati a sostenere gli interventi sul patrimonio edilizio privato”. Ora, potranno beneficiarne anche i residenti all’estero proprietari di case in Italia.

– Questo “bonus”, in alcuni casi – precisa -, copre il 110% degli interventi. Il provvedimento potrebbe permettere d’intervenire su un patrimonio edilizio localizzato in aree del mezzogiorno, in zone con grossi problemi di spopolamento. E contribuire alla ripresa economica, sociale e ambientale di quelle regioni. Mi pare – sottolinea -, che tutto ciò rappresenti un risultato straordinario, ottenuto in un momento di grossa difficoltà economica e finanziaria del Paese.

 

Vecchi: “Benefici per connazionali in difficoltà”

Vecchi non nasconde la propria soddisfazione. Sostiene che, dopo mesi di lavoro, si è “riusciti a convincere la maggioranza del Parlamento che si trattava di interventi strategici non solo per gli italiani all’estero ma per l’Italia”.

– Nell’atto pratico, una famiglia italiana che risiede all’estero che benefici riceverà…

– Allora – commenta -, i fondi, che erano già in bilancio, sono passati da 6 milioni a 12 milioni di euro. Sono stati stanziati per interventi di assistenza diretta e indiretta. Cioè per quelle operazioni che i nostri Consolati considerano opportune a sostegno di persone e famiglie in condizioni di povertà. La cifra, a fronte del numero dei connazionali meno abbienti, potrebbe sembrare irrilevante. Ma non lo è. Le risorse a disposizione sono state raddoppiate. È denaro che sarà impiegato soprattutto in America Meridionale. Ovviamente, dipenderà dai singoli consolati che dovranno farne richiesta al ministero degli Esteri.

Luciano Vecchi
Luciano Vecchi, responsabile Italiani nel Mondo del Pd

– Si farà qualche differenza tra italiani oltre oceano e italiani in Europa? Nell’ambito dei paesi dell’Unione Europea esistono ammortizzatori sociali ai quali può accedere chiunque, anche gli italiani che non risiedono in Italia. L’assistenza sanitaria, poi, è all’avanguardia. In America Latina, invece, tutto è assai precario…

– È denaro destinato a interventi per l’assistenza di connazionali che non hanno altre forme di copertura previdenziale o assicurativa – spiega -. Parliamo, quindi, di casi di vera necessità. È ovvio che nell’ambito europeo il loro numero sia limitato. Chi aveva un lavoro regolare è coperto, alla pari dei lavoratori nazionali, da strumenti di solidarietà o da ammortizzatori sociali. Normalmente il tipo di intervento a cui si fa riferimento è necessario solo, o quasi, in America Latina. Ripeto, è un sostegno per i meno abbienti.

– Sono previsti aiuti a quelle associazioni senza fine di lucro che si dedicano, appunto, ad assistere gli italiani che più hanno bisogno della nostra solidarietà o quei connazionali ai quali l’assistenza consolare è negata per ragioni legali? Pensiamo a quei cittadini che, per ragioni di lavoro, hanno dovuto rinunciare alla cittadinanza e non l’hanno riacquistata quando si poteva.

– Spetta ad ogni singolo consolato decidere le forme ed eventualmente gli intermediari – afferma -. Parliamo di patronati o associazioni “ad hoc”. È importante che là dove esistono strutture che si occupano di assistenza, si sappia dell’esistenza di queste opportunità. Così da poterle mettere in campo.

 

Il reinserimento nel tessuto sociale ed economico

Non sono pochi gli italiani che, dopo una vita all’estero, decidono di tornare in Italia. È comune che una tale decisione coinvolga soprattutto gli italiani oltreoceano – leggasi America Meridionale – dove la crisi economica morde e la qualità di vita tende al deterioramento. Ma non è da escludere che interessi anche i connazionali residenti in Europa. È per questo che chiediamo quali sono i provvedimenti studiati per facilitare un loro eventuale reinserimento nel tessuto sociale ed economico italiano.

– Sono vari gli strumenti a disposizione – precisa -, alcuni di questi esistono già da tempo. Ad esempio, non tutti sono a conoscenza della legge del 1975 che prevede sei mesi di copertura da parte dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale. Ne ha diritto chi, residente all’estero, rientra in Italia, dopo aver perso il lavoro regolare e non può usufruire di benefici nel paese in cui viveva. Sostanzialmente gli vengono pagate sei mensilità per facilitare un suo reinserimento in Italia. Parlavo prima del “reddito di emergenza”. È uno strumento nuovo. Permette di intervenire in quei casi in cui si è in difficoltà e non si hanno altri strumenti di sostegno. Riguarda anche coloro che rientrano dall’estero. Non si esige un minimo di residenza in Italia.  Se si hanno i requisiti se ne può godere, alla pari degli italiani già residenti in Italia. Per iniziativa del ministro per la Coesione Territoriale e il Mezzogiorno, Giuseppe Provenzano, sono state prese altre iniziative per facilitare la creazione di nuove imprese nel mezzogiorno.

Assicura che per quei cittadini italiani che volessero avviare un’attività, una piccola azienda o un negozio, esistono provvedimenti orientati ad aiutarli. Spiega che “molto dipende dalla programmazione delle regioni”.

– Ci sono sostegni a fondo perduto, crediti agevolati per l’apertura di nuove attività – precisa -. Dipende dalla tipologia d’interventi e dalle aree d’interesse.

– L’Italia riceverà dall’Unione europea miliardi di euro per ricostruire il tessuto sociale ed economico del paese. Vi sono già bozze di programmi? Vi saranno capitoli che faranno riferimento agli italiani all’estero?

– Al momento non esiste una programmazione di queste risorse – assicura -. Esistono dei tempi nelle procedure europee. Ci vorrà ancora qualche mese per affinare le decisioni che comunque sono positive. Si apre un’altra sfida su cui stiamo lavorando. Credo che sia necessario far fare un salto di qualità alla coscienza della politica e della società italiana per far capire l’importanza degli italiani nel mondo e il loro ruolo. Siamo convinti che sia uno spreco per l’Italia non valorizzare tutte le realtà, le energie e le intelligenze dei nostri connazionali all’estero.

 

Referendum, castigata la rappresentanza all’estero

Passiamo ora al Referendum Costituzionale. Si voterà il 20 e il 21 settembre. Gli italiani, anche i residenti all’estero, sono chiamati ad esprimersi sulla riduzione del numero dei parlamentari. Non ci sarebbe nulla da eccepire se questa riduzione non prevedesse anche un taglio nel numero degli eletti all’estero. Se per i nostri deputati e i nostri senatori era già assai difficile il contatto con gli elettori, ora che le loro circoscrizioni diventeranno ancora più ampie, sarà pressochè impossibile e ne risentirà anche la loro capacità di intervento in Parlamento. Perché il Partito Democratico ha accettato una proposta a nostro avviso assurda? Lo chiediamo a Vecchi che è assai chiaro nella risposta.

– L’impianto di questa riforma costituzionale, che si limita al taglio nel numero dei parlamentari, riguarda in maniera lineare sia gli eletti in Italia sia gli eletti all’estero – giustifica Vecchi -. È una proposta avanzata dal governo precedente. Il Partito Democratico in tre letture su quattro – precisa – ha votato contro. Poi, a seguito di accordi di governo, l’ha approvata. Dal mio punto di vista, ed è questo un mio parere personale – ci tiene a puntualizzarlo -, è una riforma dalle caratteristiche discutibili. La riduzione complessiva del numero dei parlamentari non è un problema. Ma richiederebbe il disegno più complessivo delle funzioni di Camera e Senato. Questo fu il tentativo di un precedente progetto di riforma poi bocciata.

Chiaro, preciso, attento. Non dubita nel sostenere che “la riforma oggetto del Referendum pesa in maniera particolare sugli eletti all’estero”.

– È questa la ragione per cui tutta la rete dei circoli del Pd all’estero è attivamente impegnata nella campagna per il “No” – assicura -. Se questo taglio dovesse passare, si pone il problema di adeguare anche la legge elettorale per l’estero. Penso che pur con numeri più piccoli sia necessario, per quanto possibile, mantenere e accentuare il carattere di territorialità delle candidature degli eletti. Sono tra coloro che pensano che si potrebbe passare a un sistema di collegi uninominali. Aggiungo altro… noi ci proponiamo di promuovere il ripristino delle norme che regolano la candidabilità nelle circoscrizioni estere. Oggi – spiega – qualunque cittadino italiano, anche se residente in Italia, si può candidare nella circoscrizione estero. Un residente all’estero, invece, non si può candidare in Italia. È sbagliato. Pensiamo che la questione vada rovesciata. E cioè che all’estero si possano candidare soltanto gli iscritti all’Aire e in Italia, se i loro partiti così lo decidono, possano candidarsi anche gli iscritti all’Aire..

– E in quanto alle modalità di voto, il Partito Democratico ha studiato alternative a quello attuale, per evitare il ripetersi di brogli all’estero?

– Stiamo studiando una proposta di legge – ci dice -; una riforma complessiva del voto estero. Innanzitutto, siamo contrari all’inversione dell’opzione.

– È anticostituzionale…

– Sì, probabilmente lo è – ammette prudente per poi aggiungere:

–  Pensiamo che si possono sperimentare forme anche innovative, crediamo che sia necessario costruire meccanismi che permettano di controllare la regolarità del voto. Ad esempio, lo scrutinio potrebbe avvenire nell’ambito delle Ambasciate, presso le quali si dovrebbero costituire i comitati elettorali. Comitati, questi, rappresentativi di tutte le forze politiche così da garantire la regolarità delle operazioni di voto, dalla stampa al conteggio delle schede… Si avrebbe un maggior controllo dei voti ed una minore possibilità di brogli; brogli che, nel caso dell’America Meridionale, hanno ampiamente condizionato l’esito del voto. È necessario prevenire situazioni di questo tipo. E una maniera è responsabilizzando il più possibile sia le comunità sia le autorità diplomatiche e consolari.

Vecchi, sempre in tema di Referendum Costituzionale, manifesta alcuni dubbi e perplessità. In particolare, per quel che sta accadendo in America Latina con la diffusione dei contagi della covid-19

– Il rischio che centinaia di migliaia di elettori non possano votare è concreto – afferma -. Sarebbe un grosso problema. Dal canto nostro, stiamo sollecitando che si prendano tutte le misure affinché si possa garantire il diritto di voto anche in quei paesi in cui la pandemia è ancora in piena crescita.

E conclude:

– Il Pd è fatto anche di italiani all’estero. Abbiamo circa 150 circoli, oltre 5 mila iscritti e migliaia di militanti che hanno continuato a lavorare volontariamente anche nei mesi di lockdown. Rispetto alle altre forze politiche, questa realtà ci permette di conoscere la vera situazione delle nostre comunità e di coinvolgerle nelle nostre iniziative. Questo è un aspetto che mi preme sottolineare.

Mauro Bafile