Definì Xi “un clown”, 18 anni di cella a magnate cinese

Il presidente cinese Xi Jinping si sistema la giacca al suo ingresso nella sessione plenaria del Congresso nella Grande Sala del Popolo a Pechino. (ANSA/AP/Andy Wong)
Il presidente cinese Xi Jinping si sistema la giacca al suo ingresso nella sessione plenaria del Congresso nella Grande Sala del Popolo a Pechino. Archivio. (ANSA/AP/Andy Wong)

PECHINO. – Definì il presidente Xi Jinping “un clown” e accusò pesantemente la sua gestione della crisi del Covid-19, ultimi colpi di una pesante critica alla leadership del Partito comunista cinese che non gli sono stati perdonati: a pochi mesi di distanza, Ren Zhiqiang, ex presidente del colosso statale immobiliare Huayuan Group, è stato condannato a 18 anni di carcere per corruzione, concussione, appropriazione indebita di fondi pubblici e abuso di potere.

Ren, famoso per il soprannome di “Big Cannon”, il “grande cannone”, per gli attacchi al potere diretti e schietti, senza giri di parole, pur facendo parte dell’elite rossa del Pcc, era scomparso a marzo dopo aver scritto un saggio, circolato velocemente su internet, pieno di metafore che mettevano a nudo la risposta pandemica di Xi. Ad aprile, invece, era stato messo sotto indagine dall’Anticorruzione del partito.

La Corte Intermedia del Popolo n.2 di Pechino, in un avviso online a chiusura del processo avviato l’11 settembre, ha oggi annunciato che il magnate di 69 anni, sottraendo quasi 50 milioni di yuan (7,4 milioni di dollari) di fondi pubblici e accettando tangenti per 1,25 milioni di yuan, “ha confessato volontariamente e con sincerità tutti i suoi crimini”, rifiutandosi d’impugnare la sentenza del tribunale comprensiva della multa di 4,2 milioni di yuan (620.000 dollari).

“Questa epidemia ha rivelato il fatto che i funzionari del Partito e del governo si preoccupano solo di proteggere i propri interessi, e il monarca si preoccupa solo di proteggere i loro interessi e il ruolo centrale”, aveva scritto Ren, senza mai nominare Xi. “In piedi non c’era un imperatore che mostrava i suoi vestiti nuovi, ma un clown spogliato dei vestiti che insisteva per essere un imperatore”, aveva aggiunto nel saggio sparito subito da internet, così come i commenti odierni di solidarietà a seguito della condanna.

Il suo influente blog sulla piattaforma Weibo, il Twitter cinese, contava milioni di follower prima della sua chiusura disposta dalle autorità nel 2016 dopo la ripetuta richiesta di una maggiore libertà di stampa. Il caso di Ren, influente uomo d’affari, è una dura punizione per corruzione che rischia di raffreddare il dissenso all’interno dell’elite politica cinese.

Figlio di un ex viceministro del commercio e membro del Pcc per decenni prima dell’espulsione a luglio, Ren era ben collegato con l’aristocrazia rossa. Nel suo libro di memorie scrisse di essere stato amico del vicepresidente ed ex potente capo dell’ Anticorruzione Wang Qishan, fedelissimo di Xi, vicepresidente della Repubblica popolare e “numero 8” del Comitato permanente del Pcc, da quando erano adolescenti, da quando Wang era stato incaricato dalla loro scuola di fare da mentore al giovane Ren.

Il “grande cannone” ha provocato la reazione di Xi, noto per le metafore a difesa dell’ortodossia. “Non permettete mai di mangiare il cibo del Partito comunista e poi di rompere la pentola del Partito comunista”, disse Xi nel 2014.

Un monito inascoltato da Ren Zhiqiang, in una fase in cui il presidente ha serrato le fila, spingendo anche il settore privato sotto la “tutela” del partito, per rispondere a sfide interne ed esterne, con lo scontro a tutto campo con gli Usa di Donald Trump.

(di Antonio Fatiguso/ANSA)

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