Ibra stende l’Inter, il Milan in testa da solo dopo otto anni

Zlatan Ibrahimovic dopo il gol dell'1-0 al Meazza nel derby contro l'Inter
Zlatan Ibrahimovic dopo il gol dell'1-0 al Meazza nel derby contro l'Inter. ANSA / MATTEO BAZZI

MILANO. – Dopo aver messo ko il coronavirus, Ibrahimovic stende anche l’Inter e porta il Milan al primo posto solitario in classifica, come non capitava dal 1° aprile 2012. Due zampate ravvicinate dello svedese regalano il derby a Pioli, che supera il primo esame e può sognare, dopo quattro giornate a punteggio pieno, anche grazie alle sue scelte tattiche coraggiose, come Leao, una spina nel fianco per un disastroso Kolarov.

Coerente con le dichiarazioni della vigilia, Conte non può cercare alibi, ma il difensore serbo fa rimpiangere non solo Bastoni, assente perché appena guarito dal Covid, ma anche Godin, ceduto al Cagliari. Troppi errori hanno impedito ai nerazzurri di andare oltre il 2-1 segnato al 29′ da Lukaku, che nel recupero va due volte vicino al pareggio.

La sconfitta porta già a 5 i punti di ritardo dalla vetta e di certo non facilita l’avvicinamento al debutto in Champions League, mercoledì contro il Borussia Monchengladbach. Alla fine il Milan ha festeggiato sotto la sua curva, come se ci fossero gli ultrà della Sud, che invece hanno solo potuto accompagnare allo stadio i pullman della squadra con un corteo di moto.

Il clima nello stadio con mille spettatori, tutti distanziati, è stato “surreale”, per dirla con Marotta. E non è stato da meno quello che è successo fuori prima della partita, dove per una buona mezz’ora, sotto lo sguardo delle forze dell’ordine, almeno un migliaio di tifosi interisti si sono assembrati in strada, quasi tutti con la mascherina, fra bandiere, cori e fumogeni, nel comitato d’accoglienza organizzato per l’Inter dalla Curva Nord.

Vincere, l’imperativo dettato dagli ultrà di entrambe le squadre, è riuscito al Milan, uscito da San Siro con autostima rinnovata, concorrente accreditato quanto meno per la Champions. Probabilmente non è attrezzata per pensare allo scudetto, di certo dipende molto dal rendimento di Ibrahimovic. Dopo due settimane a casa per il Covid e una di allenamento, il trentanovenne era stremato al 70′ e ha chiesto il cambio, ma Pioli non ha voluto rinunciare alla sua stella a fine partita.

L’anno scorso, a febbraio, il Milan sperperò due gol di vantaggio prendendone quattro nella ripresa. Questa volta la tensione è rimasta alta, dopo i due centri dello svedese (come Silvio Piola a 4 marcature multiple in Serie A oltre i 38 anni), un tap in al 13′ dopo il rigore (procurato attirando il fallo di Kolarov) parato da Handanovic, e poi al 16′ il colpo al volo (ancora beffato Kolarov) su cross di Leao, un rebus per D’Ambrosio.

Un tuffo a vuoto di Donnarumma ha invece regalato la palla del gol a Lukaku (29′), per il resto tenuto a bada assieme a Lautaro da Kjaer e Romagnoli, subito determinante al rientro dopo un lungo stop. Theo Hernandez invece ha sofferto molto Hakimi, uomo chiave assieme a Barella quando l’Inter è riuscita a controllare il ritmo nella ripresa.

Ma 8 gol subiti in 4 giornate non sono pochi, a centrocampo le coperture non funzionano, pesano gli errori di Vidal e Brozovic e ancora una volta risulta discutibile la scelta di Conte di fare a meno di Eriksen, entrato solo a metà ripresa, e protagonista di un’azione destinata a fare discutere: un rimpallo con Kjaer, con la palla che finisce a Lukaku e Mariani che fischia rigore per l’uscita di Donnarumma sul belga, prima che il Var gli segnali fuorigioco. Non l’unica incertezza di un arbitro che ha fatto arrabbiare entrambi gli allenatori e ha graziato Kessie.

(di Paolo Cappelleri/ANSA)

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