L’SOS dell’Università Simón Bolívar


di Giancarla Marchi

Che la situazione in Venezuela sia critica si sa. Ma che quella delle università sia ancora più grave è da pochi conosciuta. Tra le università pubbliche più colpite dalla crisi e la pandemia, ce n’è una che spicca: l’università Simón Bolívar. Cofondata nel 1967 dal filosofo Ernesto Mayz Vallenilla ed un gruppo di docenti lungimiranti, è sempre stata nei ranking internazionali tra i migliori atenei con orientamento scientifico e tecnologico del Sud America.

Dalla sua fondazione ha formato migliaia di professionisti che hanno contribuito alla prosperità e la crescita del paese, ma che purtroppo si sono trasformati in cervelli in fuga negli ultimi anni. E l’hanno pure lasciata un gran numero di professori, asfissiati dalle precarie condizioni socioeconomiche. Molti di essi sono sparsi per il mondo contribuendo alla formazione delle nuove generazioni fuori dai limiti del Venezuela. Un paradosso, visto gli urgenti bisogni che ha il paese.

L’Università Simón Bolívar è una istituzione pubblica e gratuita che dipende in gran parte da quanto gli viene erogato dallo stato. Ed il budget è insufficiente, da anni. Un recente comunicato del Consiglio Direttivo ha descritto questa precaria situazione rifiutando lo stanziamento di risorse indicato nella quota di bilancio preventivo concessa dal MPPEU (Ministero per il Potere Popolare per L’Educazione Universitaria ndr) per l’anno 2021. Nel comunicato si legge “La quota assegnata (Bs.610.976.455.787,00) permetterà soltanto coprire lo 0,4% del Progetto Operativo Annuale 2021 (Bs. 123.442.467.633.957,00) presentato all’entità ministeriale. Questa insufficienza, aggravata e sostenuta da più di dieci anni, si osserva chiaramente nel progressivo calo degli stipendi di insegnanti, amministratori e lavoratori, nell’investimento accademico quasi nullo, e nell’impossibilità di mantenere l’infrastruttura dell’impianto fisico e i servizi di base.”

Oramai quel poco che gli viene assegnato si diluisce in stipendi che sono da fame, come lo esplicita il comunicato: “un professore ordinario a tempo pieno (ATI) guadagnava nell’anno 2000 uno stipendio medio equivalente a $ 1.899,48 al mese. Quella quantità è diminuita costantemente arrivando a soli tre dollari (USD 3.06). E il caso di un impiegato amministrativo o un lavoratore non è diverso. Un livello amministrativo 14 (Tab 408) nell’anno 2000 ha guadagnato un equivalente approssimativo di mille dollari (USD 1.129,83); nel 2020 guadagna solo due dollari (2,08 USD). Un operaio di grado 4, che ha ricevuto vent’anni fa l’equivalente approssimativo di quattrocento dollari al mese (USD 405,27), ha visto diminuire il suo stipendio in modo drammatico e costante ed ora raggiunge poco più di un dollaro (USD 1).”

Labirinto Cromo-vegetale distrutto, opera di Carlos Cruz Diez. (Foto USB Bloomberg da Venezuela al Dia 11/05/19)
Labirinto Cromo-vegetale distrutto, opera di Carlos Cruz Diez. (Foto USB Bloomberg da Venezuela al Dia 11/05/19)

La mancanza di un budget adeguato ha portato con sé, dal 2010 al 2019, un drastico calo di quasi il 50% delle iscrizioni (49,08%), passando da 10.095 a 5.140 studenti. Non si sono potuti realizzare investimenti per l’aggiornamento dei laboratori e il mantenimento della infrastruttura. Inoltre, la biblioteca è stata chiusa perché le muffe stanno rovinando sia l’ambiente che le collezioni. Gli abbonamenti alle riviste scientifiche sono stati sospesi, e così pure l’assegnazione di borse di studio, la mensa universitaria e le provvidenze studentesche.

Infine il comunicato conclude enfatizzando la gravità del momento: “Data questa situazione di insufficienza di bilancio, non c’è dubbio che per l’Università Simón Bolívar, come il resto delle università pubbliche nazionali, sarà molto difficile continuare in attività. Ogni giorno il disinvestimento da parte dell’Esecutivo Nazionale diventa più palpabile in quella che dovrebbe essere una delle sue grandi priorità: la formazione del capitale umano con qualità accademica. Anche se l’USB non ha chiuso i battenti e ha continuato, seppure con grandi sforzi e sacrifici a   formare professionisti altamente qualificati, la crisi finanziaria che sta attraversando ha un impatto diretto e visibile sul suo potenziale, non solo sul campo dell’insegnamento, ma nella ricerca e nell’estensione, collocandola […] in una situazione precaria mai vista nella storia venezuelana contemporanea. In questo senso si richiama l’attenzione, non solo del Governo Nazionale, ma della società in generale, sul rischio di perdere una delle sue roccaforti, com’è l’università, e in particolare l’Università Simón Bolívar, impegnata nello sviluppo del Paese secondo i principi di qualità che da sempre la hanno caratterizzata.”

Il motto della USB è “L’università del Futuro” e perché continui ad esserlo bisogna salvarla.