Merkel vuole vaccinare i medici prima di Natale

Una persona con la mascherina di fronte alla Porta di Brandenburgo a Berlino.
Una persona con la mascherina di fronte alla Porta di Brandenburgo a Berlino. EPA/OMER MESSINGER

ROMA. – La Germania intravede “la luce in fondo al tunnel” nella battaglia contro la pandemia: il vaccino potrebbe arrivare prima di Natale, anche se solo per medici e infermieri. Angela Merkel ha dato l’annuncio all’indomani della proroga al 20 dicembre del semi-lockdown, perché i contagi sono ancora troppo alti.

In tutto il mondo cresce l’attesa per il via libera degli scienziati al vaccino, che può contenere i danni nella stagione invernale. Il Covid-19, infatti, corre ancora, come dimostra il terribile record di 2.400 morti in un giorno registrato negli Stati Uniti.

In Germania “la crescita esponenziale del contagio è stata interrotta ma è solo un successo parziale”, ha sottolineato la Merkel, spiegando che la curva resta ad un livello “troppo alto”. In compenso, una prima svolta è all’orizzonte. “Può darsi che i vaccini arrivino prima di Natale, e abbiamo deciso che saranno a disposizione del personale medico e sanitario”, ha spiegato la Merkel, avvertendo che in molti dovranno tenere duro senza, perché non sarà possibile vaccinare tutti nei mesi invernali. In ogni caso, l’efficiente macchina pubblica tedesca si è messa in moto.

A Berlino verranno aperti sei centri in grado di gestire fino a 4.000 vaccinazioni al giorno entro metà dicembre. Gli altri Laender si stanno attrezzando. Anche nel resto d’Europa si conferma una relativa stabilizzazione della curva dei contagi, pur con numeri ancora alti che costringono i governi a mantenere alta la guardia.

L’Inghilterra, ad esempio, resterà in gran parte in allerta rossa anche alla scadenza del lockdown, il 2 dicembre. Londra si manterrà in un regime di rischio alto, quindi con importanti restrizioni. La Francia guarda con fiducia ad uno dei tassi di contagio “più bassi d’Europa”, lo 0,65%, ma il ministro della Salute Olivier Veran ha avvertito che “l’epidemia non è alle nostre spalle”.

Per cui “non bisognerà rilassarsi” nei prossimi giorni, quando scatteranno le prime misure di alleggerimento del confinamento. La prudenza è d’obbligo: il caso della Svezia dimostra che una politica di misure non coercitive non ha prodotto in tempi brevi l’auspicata immunità di gregge.

Anzi, dopo un pesante bilancio di vittime registrato in primavera, l’onda nel Paese scandinavo è tornata a crescere con forza anche in autunno. Ed ha toccato anche la famiglia reale: il principe Carlo Filippo, 41 anni, secondogenito del sovrano, e la consorte, Sofia, 35 anni, sono risultati positivi.

Il picco è atteso a metà dicembre, ma per mitigarne gli effetti le autorità hanno lanciato un appello all’autodisciplina della popolazione nel rispetto del distanziamento. Nel resto del mondo l’andamento della pandemia mostra che il Covid non ha nessuna intenzione di scomparire. Negli Usa si contano oltre 2.400 morti in 24 ore, il bilancio peggiore da più di sei mesi. Senza contare i 200.000 nuovi contagi.

Persino nei Paesi in cui c’è una radicata cultura della gestione delle epidemie, attraverso il rispetto del distanziamento e delle mascherine, la curva non si abbassa mai completamente. E’ il caso della Corea del Sud, che riporta il più alto numero di contagi da marzo, nonostante la recente introduzione di misure restrittive più severe a Seul e in altre zone calde del Paese. In Israele, allo stesso modo, il virus ha rialzato la testa dopo un mese. Il lockdown, da poco revocato, non è riuscito a spazzarlo via.

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