Amnesty: Navalny non è più un prigioniero di coscienza

Alexeij Navalny assiste all'udienza di appello da carcere di Matrosskaya Tishina, Mosca. Archivio.
Nella foto d'archivio Alexej Navalny in carcare

ROMA. – Amnesty International ha deciso di revocare lo status di “prigioniero di coscienza” concesso ad Alexey Navalny dopo il suo arresto al rientro in patria a causa del suo passato nazionalista, in particolare rispetto ad alcune affermazioni del più noto oppositore russo rese a metà degli anni Duemila, che per la più nota organizzazione per il rispetto dei diritti umani rientrerebbero nelle “parole d’odio”.

La vicenda, rilanciata da diversi media russi, non è però del tutto chiara. Sul sito di Amnesty non ce n’è traccia. A darne notizia, su Twitter, è stato un giornalista britannico, pubblicando lo screenshot di una mail ricevuta da Amnesty. A quanto pare l’organizzazione, che ha sede a Londra, ha ricevuto molte lamentele per la sua decisione di definire Navalny “prigioniero di coscienza” proprio a causa dei sui commenti di stampo xenofobo, quando definì i militanti separatisti del Caucaso degli “scarafaggi” contro i quali usare la pistola.

La BBC sostiene di aver ricevuto conferma della cancellazione del suo status da un portavoce dell’organizzazione a Mosca, che ha però detto di credere che l’ondata di richieste di “de-listing” di Navalny fosse parte di una “campagna orchestrata” per screditare il critico numero uno di Vladimir Putin e “ostacolare” le richieste di Amnesty per il suo rilascio.

La testata indipendente Mediazona, per esempio, ha citato una fonte anonima di Amnesty che ipotizza che l’emittente RT, finanziata dal Cremlino, possa aver giocato un ruolo nella campagna. L’attivista ha citato gli autori di almeno due lamentele che, nello scrivere all’organizzazione, avevano fato rifermento a un thread su Twitter di un editorialista legato a RT, che appunto rivisitava il passato nazionalista di Navalny.

Ciononostante l’organizzazione ha deciso, a quanto pare, di privare Navalny del suo status, pur continuando a chiederne il rilascio dalla prigione, anche con la presentazione, la scorsa settimana, di una petizione di 200.000 firme raccolte in 70 Paesi del mondo.

L’ANSA ha chiesto chiarimenti all’organizzazione, senza ricevere al momento risposta. Per aggiungere un altro strato di confusione alla vicenda, Leonid Volkov, braccio destro di Navalny, ha pubblicato un tweet in cui segnalava come il segretario generale di Amnesty lo avesse ringraziato per la “franca conversazione” appena avvenuta sulla questione. “Ma io non ci ho mai parlato”, ha detto. Suggerendo l’ipotesi che il segretario sia stato vittima di uno “scherzo” del noto impersonificatore russo Vovan, celebre per tiri mancini telefonici a personaggi famosi. Insomma, una bella gatta da pelare. Per Navalny e per Amnesty.

(di Mattia Bernardo Bagnoli/ANSA)

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