Festival di Cannes: Oliver Stone, la verità sulla cospirazione Kennedy

John F. Kennedy a Berlino. America
John F. Kennedy a Berlino

CANNES. – Si intitola “JFK Revisited: Through The Looking Glass” il nuovo lavoro da documentarista che Oliver Stone porta a Cannes nel trentesimo anniversario del suo film più noto e controverso, “JFK”, candidato a otto Oscar nel 1991 e poi vincitore di due statuette.

Presentato fuori concorso con le voci narranti di Whoopy Goldberg e Donald Sutherland, e in abbinata al Director’s Cut del film nel programma “Cinéma à la plage”, il viaggio nella cosiddetta “Cospirazione Kennedy” si fa forte delle verità che cominciano a emergere dai documenti desecretati dal Congresso americano.

“Quando fai un film di finzione – dice Oliver Stone – puoi sforzarti di restare il più possibile aderente alla verità dei fatti e delle testimonianze, ma sei sempre attaccabile per quella parte di invenzione artistica che il racconto richiede. Un documentario invece parte dai fatti e dai documenti, fa parlare testimoni e protagonisti ed è quindi molto più credibile. La verità è che quando il presidente fu ucciso stava facendo scelte scomode per troppi e da allora le autentiche leve del potere sono passate dalla politica ai servizi d’informazione e ai trust economici.

A suo tempo l’amministrazione prese l’impegno di rivelare tutta la documentazione dopo 25 anni in cui restava coperta dal segreto di Stato. Trump ne annunciò la pubblicazione per propaganda, visto che era comunque un atto dovuto, ma di fatto a oggi solo una piccola parte di quei documenti è già accessibile e su molti la Cia ha richiesto più tempo per verificarne la divulgabilità. Sono i segni di un impero intimorito dal suo declino e che per questo gioca sulla difensiva ed è preoccupato di ogni cosa che possa danneggiare lo status quo”.

Grazie alla stretta collaborazione con lo scrittore e attivista James DiEugenio (che firma la sceneggiatura con Stone) il film riapre per l’ennesima volta un dossier in cui le domande senza risposta superano di gran lunga i fatti accertati. Si dovrebbe dire che per JFK (come per Lee Oswald -il suo presunto assassino – e Jack Ruby, il killer di Oswald) “di sicuro c’è solo che è morto”.

Così nel 1950 il cronista Tommaso Besozzi scriveva a proposito dell’uccisione di Salvatore Giuliano e quella celebre frase rimane scolpita nel film omonimo di Francesco Rosi, autentico capostipite di tutti i film (e documentari) che vogliono far luce sui misteri e i segreti di un paese, sia l’Italia di Rosi o l’America di Stone.

La tesi ribadita (e in parte documentata) in “JFK Revisited: Through The Looking Glass”, parte dall’indagine testardamente compiuta dal procuratore Jim Garrison, il primo a entrare in possesso del famoso “filmato Zapruder”, il primo a non credere alle verità ufficiali della Commissione Warren al Congresso, il primo a svelare le dubbie collusioni di Oswald con gli ambienti anticastristi, la mafia e i servizi segreti prima dell’omicidio e a segnalare le innumerevoli omissioni (a cominciare dalla contestata autopsia del presidente) nelle azioni ufficiali seguite all’attentato.

“Ormai si comincia a intravvedere la verità su quel dramma che ha cambiato per sempre non solo la Storia ma anche la sensibilità degli americani – dice Oliver Stone – mettendo fine alla loro ingenuità. L’unica cosa che resta in ombra sono quei documenti che sono e saranno riscritti almeno in parte.

Donald Trump aveva annunciato di volerli divulgare ma in poche ore ha cambiato idea e per ora ne abbiamo solo una piccola parte. Il mio documentario resta ad oggi la più completa ricostruzione di questa vicenda, ma continuiamo a non sapere cosa altro c’è in quelle carte”.

Al netto delle verità giuridiche, si può dire che Stone non ha perduto la mano del cineasta di talento: il suo racconto rimane una palpitante sequenza di colpi di scena, testimonianze, perfino esilaranti contraddizioni tra i fatti accertati e le verità ufficiali che si segue come il più appassionante dei gialli.

Per chi conosca a fondo le inchieste di Garrison non c’è molto di nuovo, ma per il grande pubblico molto è del tutto stupefacente e la tesi della “cospirazione” si rafforza e prende credibilità. Si tratta comunque di una versione breve perché il torrentizio regista ha già in canna una versione più lunga (quattro ore) che cerca acquirenti.

Strano a dirsi le grandi reti americane, comprese le maggiori piattaforme, non hanno voluto comprarlo mentre qui a Cannes si negoziano i diritti mondiali, Italia inclusa.

(di Giorgio Gosetti/ANSA)

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