Giustizia: Draghi tira dritto, nel mirino M5s processi di mafia

Il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, e la Ministra della Giustizia, Marta Cartabia.
Il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, e la Ministra della Giustizia, Marta Cartabia. (Ufficio Stampa e Comunicazione della Presidenza del Consiglio)

ROMA. – I confini che il presidente del consiglio Mario Draghi ha posto ai possibili interventi alla riforma della giustizia sono chiari: solo modifiche tecniche, la sostanza non cambia. Dentro quei limiti si stanno muovendo tutti i partiti di maggioranza. Tranne i Cinque Stelle che, rilanciando l’allerta sui reati di mafia, chiedono di rimettere mano a uno degli assi del provvedimento, la durata massima dei processi di Appello e Cassazione.

Per il Movimento, il dibattito sulla fiducia al governo ruota attorno a quello. In mezzo c’è Giuseppe Conte, leader del Movimento in attesa della conferma definitiva. Da giorni l’avvocato tesse le fila della trattativa, cercando di arrivare a un punto di equilibrio fra le richieste dei Cinque Stelle e i paletti del governo. L’esito avrà un peso immediato sulla governance del Movimento.

Calendario alla mano, infatti, la fiducia sulla riforma potrebbe essere votata nelle stesse ore in cui viene votato anche il nuovo Statuto del M5s che, di fatto, dovrà sancire la guida di Conte. Infatti: il testo sulla giustizia arriverà in Aula venerdì 30 luglio ma, fra dibattito e procedure varie, la fiducia potrebbe slittare all’inizio della settimana successiva, quindi a lunedì 2 agosto, quando inizierà la consultazione del Movimento, che finirà martedì 3 agosto.

Le richieste dei Cinque stelle sulla giustizia si concentrano essenzialmente sui procedimenti di mafia. La riforma Cartabia prevede l’improcedibilità – di fatto, la fine dei processi – dopo due anni per l’Appello (tre anni per i reati più gravi) e dopo un anno per la Cassazione (18 mesi per i reati più gravi). I Cinque stelle chiedono che l’improcedibilità non metta a rischio i giudizi sui reati legati alla mafia.

Prima di decidere sulla fiducia sarà a quello che guarderanno. Nel governo, questa posizione viene letta nell’ottica di un dibattito interno al M5s. “I procedimenti di mafia e terrorismo non andranno in fumo”, ha dichiarato nei giorni scorsi la Guardasigilli Marta Cartabia, ricordando come i procedimenti per reati puniti con l’ergastolo – “e, spesso, lo sono quelli per mafia” – non siano soggetti ai termini dell’improcedibilità e come per i reati più gravi ci sia la possibilità di prorogare la durata dei processi.

Parole che, però, non hanno convinto il Movimento. Nelle more della trattativa, un gruppo di qualche decina di parlamentari pentastellati ortodossi – alcune stime variano da 20 a 40 – avrebbe già fatto sapere all’avvocato di non garantire la fiducia al governo.

La mancanza dei loro voti non pregiudicherebbe l’approvazione della riforma. L’attuale maggioranza, anche senza i 5 stelle e il gruppo misto, arriva già a 367 voti, superando abbondantemente la metà più 1(315)degli attuali 628 deputati che siedono alla Camera necessari per avere la maggioranza assoluta.

Altro discorso sarebbero i pesanti riflessi che un’ampia diserzione dei deputati 5s avrebbe all’interno del Movimento e sulla tenuta della maggioranza. Gli alleati di governo, in primis il Pd che scommette molto sulla prospettiva di un dialogo con il M5s, sono comunque ottimisti sulla possibilità di arrivare a una soluzione.

Ma non mancano le critiche a Conte. “Mi chiedono se sono preoccupato che tolga la fiducia. Ma Di Maio quando mai si schioda?”, ha ironizzato Matteo Renzi. Per il capigruppo di Fi alla Camera, Roberto Occhiuto, il M5s non deve “riversare su questa partita le tensioni interne”. Mentre la ministra Maristella Gelmini sottolinea come “il testo Cartabia abbia archiviato il ‘fine processo mai’ della riforma Bonafede”.

Il sottosegretario Carlo Sibilia (M5s) assicura: “Conte sta lavorando per trovare una mediazione. Sono certo che nessuno sia disposto ad accettare che vi siano sacche d’impunità in Italia: in particolare se si tratta di mafia”. Intanto la Lega fa sapere che le firme per i referendum sulla giustizia presentati con i Radicali sono arrivate a oltre 350 mila. “Possiamo superare il milione”, ha commentato Matteo Salvini.

(di Giampaolo Grassi/ANSA)

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