Cremlino cerca la quadra sull’Afghanistan, senza gli Usa

Il vicepremier talebano Abdul Ghani Baradar con altri membri del movimento islamista in un'immagine d'archivio. ANSA/ALEXANDER ZEMLIANICHENKO / POOL

MOSCA.  – Ora tocca all’altro polo. È a Mosca, infatti, che s’è dato appuntamento il “rassemblement” di chi vuole rammendare lo sbrego afghano, ferita aperta nel cuore dell’Asia Centrale sempre a rischio d’infettarsi con nuovi (o vecchi) estremismi.

La due giorni diplomatica si apre con l’incontro della “troika allargata”, la piattaforma che include Russia, Cina, Usa e Pakistan. Ma senza gli Stati Uniti: la nomina del nuovo inviato di Washington per l’Afghanistan è arrivata troppo tardi. Domani si prosegue con il formato di Mosca, che invece raccoglie i principali attori dell’area (sono attesi 10 Paesi in tutto). Uno scatto in avanti per impetrare il multipolarismo tanto agognato da Vladimir Putin.

“Ci aspettiamo la ripresa del dialogo, la condivisione dei punti di vista, il confronto delle posizioni al fine di rendersi conto di come la situazione in Afghanistan si possa sviluppare, con parametri certi”, ha osservato il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov. Intanto dalla troika iniziano ad arrivare le prime indicazioni.

Ovvero “l’interesse comune a fornire assistenza umanitaria ed economica urgente all’Afghanistan”, anche alla luce delle possibili “minacce alla sicurezza”. Ma è il summit del formato di Mosca a fare la parte del leone. Oltre a Russia, Cina e Pakistan ci saranno l’India e l’Iran, più i vari ”stan” dell’Asia Centrale, in vario modo confinanti con il novello Emirato. Non solo.

A Mosca verrà una delegazione di alto livello dei talebani, guidata dal secondo vicepremier Abdul Salam Hanafi. Il ministro degli Esteri Serghei Lavrov farà gli onori di casa e interverrà al summit, assistito dall’inviato speciale del presidente Vladimir Putin, Zamir Kabulov (un cognome che in russo significa ‘di Kabul’). Al termine dei lavori è prevista una dichiarazione congiunta.

Ma lo zar non punta a estromettere del tutto l’Occidente. Putin, alla vigilia della maratona negoziale, si è sentito al telefono con Mario Draghi e tra i temi della conversazione c’è stato proprio l’Afghanistan. Insomma, un collegamento strategico tra il G20 straordinario voluto dall’Italia e la plenaria dei 20 Grandi in programma a Roma per fine ottobre (alla quale Putin si è detto disposto a partecipare, benché in collegamento video).

Certo, il grande assente in questa fase è l’America. Il nuovo “uomo” di Joe Biden per l’Afghanistan, Thomas West, è stato appena nominato – prende il posto del suo capo, Zalmay Khalilzad, dimessosi dopo il caos del ritiro Usa – e non ha fatto in tempo a inserirsi nel grande gioco. Dunque non un pregiudizio, ma un incidente di percorso. Il formato di discussioni che coinvolge Russia, Cina, Stati Uniti e Pakistan “è stato efficace e costruttivo” e gli Stati Uniti “non vedono l’ora” di impegnarsi in questo forum in futuro, ha notato il Dipartimento di Stato.

La conferma viene proprio da Lavrov. “West ha telefonato a Kabulov e ha espresso rammarico per la sua assenza e ha detto che vuole assolutamente venire in Russa”, ha dichiarato Lavrov. “Noi saremo felici di accoglierlo”. Per quanto riguarda la presenza dei talebani a Mosca, il capo della diplomazia russa è stato netto: il loro riconoscimento ufficiale è fuori questione.

L’idea, semmai, è quella “di incoraggiarli ad aderire alle dichiarazioni che hanno fatto quando sono arrivati al potere”.

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